Di Caterina Mortillaro
La sala è gremita. Il popolo del romance vuole vedere le sue eroine. Una platea composta quasi del tutto da donne attende Anna Premoli e Felicia Kingsley, autrici affermate di letteratura “rosa”. Tra loro gli uomini sono davvero sparuti e viene da chiedersi se siano dei semplici curiosi, i compagni delle lettrici o quel 15% di lettori di romance di sesso maschile.
In ogni caso, se qualcuno si aspettava una presentazione stucchevole di libri per casalinghe frustrate o per ragazzine melense, ha capito fin dalle prime battute che non era così. Martina Donati, editor di Newton Compton Editori, infatti, ha subito posto la domanda fondamentale: ha senso parlare di letteratura femminile? Esiste forse la dicitura “letteratura maschile”? E poi che cos’è la letteratura femminile? Se tutto ciò che parla di sentimenti è femminile, perché non etichettare così anche i romanzi di Fabio Volo? Ma, soprattutto, che senso ha trattare come genere di serie C libri che trainano l’editoria con il 25% del fatturato? Libri che negli USA fanno 1,8 milioni di dollari l’anno? Per i quali sono organizzate convention che attirano migliaia di persone?
Temi forti tra le righe del romance
Le risposte a queste domande provocatorie sono giunte proprio dalle due autrici. Anna Premoli ha evidenziato come abbia dovuto fare più battaglie femministe per rivendicare il suo diritto a scrivere romance che per affermarsi nel suo lavoro nel mondo maschile dell’economia. Inoltre, ha spiegato come in realtà sia possibile veicolare messaggi forti per le nuove generazioni di donne proprio attraverso questi romanzi. Le sue protagoniste sono sempre donne autonome, che non devono dipendere da un uomo. Inoltre, nel suo ultimo libro, L’amore è sempre in ritardo, si parla anche di temi caldi come il problema degli oppiacei in America e la questione ambientale, ma sempre senza venire meno allo scopo di intrattenere.
Il diritto al piacere di leggere
Intrattenere. Sta qui il problema? È forse un demerito non annoiare a morte il lettore? O si tratta di una faccenda di genere? Il sospetto viene dal momento che un serio professionista può divertirsi con la Champions League mentre la lettrice di romance deve vergognarsi, nascondendosi dietro la copertina di un e-reader, perché da un romanzo vuole trarre piacere? Che c’è di più femminista che prendersi il piacere senza doversi giustificare?
Se poi si considera non solo che i libri di Anna Premoli e Felicia Kingsley sono davvero ben scritti, ma anche che le lettrici di romance sono lettrici forti, capaci di divorare un libro al giorno… Beh, a che titolo denigrarle?
Il femminismo si tinge di romance
Ecco allora che viene coniato lo slogan: femminismo è anche diritto di leggere quello che ci pare, incluso il “rosa”.
Inutile dire che gli applausi sono stati entusiastici. Anche da parte degli uomini presenti. Peraltro le domande e le risposte sull’argomento sarebbero da allargare a tutta la letteratura d’intrattenimento. E non solo. È necessaria la pesantezza, la spocchia intellettuale per essere ammessi nell’empireo della letteratura vera? Ma soprattutto, in un paese dove in media solo il 28% della popolazione legge, possiamo permetterci di arroccarci nei templi muffiti e polverosi e guardare dall’alto chiunque non incontra i nostri elevati (e spesso discutibili) standard?