Di Caterina Mortillaro
La fila per ascoltare e vedere Antonio Manzini al Salone Internazionale del Libro di Torino ha qualcosa di biblico. Alla mia prima esperienza al Salone, vedendo la fiumana, non nascondo di avere un momento di scoramento. Ma poi il pass stampa (siano lodati i numi del giornalismo) mi apre la mitica Sala Rossa e con essa un mondo che, mi vergogno a dirlo, non conoscevo, non avendo mai avuto modo di incontrare Manzini dal vivo. È emerso, infatti, il lato istrionico di questo scrittore, retaggio della sua precedente carriera nel teatro.
D’altra parte il libro presentato si discosta dalla solita produzione di Antonio Manzini. Ogni riferimento è puramente casuale (edito come sempre da Sellerio) non è un giallo, ma una raccolta di racconti che svelano in modo tragicomico ciò che si nasconde dietro le quinte dell’editoria.
Un libro ironico sul mondo dell’editoria
Sì parte dai critici che sfornano recensioni forse senza neppure leggere i libri, mentre l’autore si contorce tra gli spasmi per “tre giorni di diarrea” attendendo il responso.
È poi la volta dei booktour che toccano paesini che è difficile trovare su una mappa. Qui eroici librai restano le ultime roccaforti della cultura operando quella che Manzini chiama un’autentica forma di resistenza. Un concetto che lo scrittore ribadisce più volte con parole elogiative, manifestando una non troppo velata preoccupazione per l’Italia senza più librerie e teatri.
C’è poi la presa in giro bonaria delle agenti letterarie e dei cocktail organizzati per il mondo editoria dove si finisce per parlare di copie vendute e di quel premio letterario vinto guarda caso dalla moglie del tale giornalista (come recita il titolo del libro, ogni riferimento è puramente casuale).
E che dire della frecciata sulla casa editrice espulsa dal Salone? Quelli, dice Manzini, hanno due vantaggi e uno svantaggio sulla concorrenza: non hanno le rese dei libri perché li bruciano; non fanno editing perché non sanno che cosa siano congiuntivi e condizionali; ma sprecano inchiostro per evitare i numeri arabi e usare solo quelli romani.
La responsabilità degli scrittori
Manzini, però, non se la prende solo con gli altri, ma anche con gli scrittori. Ironizza sulla loro illusione di essere star. E non solo. Ci sono alcuni che usano la penna alla leggera, senza responsabilità e rispetto dei lettori. È il caso del protagonista di un brano letto dallo stesso Manzini. Vi figura l’epitome dell’autore banale e pretenzioso che, inspiegabilmente, vende tantissimo. Questo soggetto dovrebbe essere processato in uno speciale tribunale dei lettori perché di essi non ha alcuna considerazione. E dal pulpito dei suoi libracci sconvolge vite.
Insomma, un libro che va letto. Per ridere, sì, ma in modo intelligente. E per godere di un prosa che trascina, nel puro stile di questo ottimo autore.