Di Lucilla Continenza
Parenti serpenti è stato rappresentato al teatro Carcano di Milano fino al 19 maggio, con una commedia divertente ma dal retrogusto molto amaro. Parliamo di uno spettacolo antropologicamente molto interessante, che ha quale protagonista Lello Arena e tratto dal dissacrante film di Mario Monicelli, girato nel 1992.
Il famoso film di Monicelli è stato rivisitato per il teatro da Carmine Amoroso e si avvale della regia e dell’ideazione scenica di Luciano Melchionna. Con Lello Arena, ha recitano Giorgia Trasselli (nel ruolo dell’anziana e coriacea moglie dell’attore napoletano), e i convincenti: Raffaele Ausiello, Marika De Chiara, Andrea de Goyzueta, Carla Ferraro, Serena Pisa e Fabrizio Vona. Roberto Crea si è occupato delle scene, mentre i costumi sono firmati Milla, le musiche Stag, il disegno luci è di Salvatore Palladino. La Produzione è dell’Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro, in collaborazione con Bon Voyage Produzioni– Festival Teatrale di Borgio Verezzi 2016.
Parenti serpenti, sinossi
Lo spettacolo nella trasposizione teatrale è molto interessante perché, pur utilizzando una scenografia che ricorda quella di un paese di montagna, (il film è ambientato in Abruzzo), si avvale dell’inflessione della lingua napoletana come specchio di una condizione che forse appartiene a tutto il mondo globalizzato. “Possiamo chiedere sostegno ai nostri figli in un momento di difficoltà? O la contemporaneità ha trasformato certe consuetudini culturali dove gli anziani venivano non solo rispettati, ma addirittura venerati, in pesanti zavorre nascoste dietro uno spesso telone di ipocrisia? Sono queste le domande a cui tentava di rispondere Monicelli, quasi 30 anni fa.
La storia narra di una reunion famigliare natalizia di quattro figli a casa dai genitori anziani, che vivono lontani e in un piccolo paese. I figli tornano dai genitori molto calorosamente con la convinzione di trascorrere qualche giorno di relax e amorevole cura. Ottima è l’interpretazione di Lello Arena nel ruolo del capo famiglia con un principio di demenza senile, mentre Giorgia Traselli interpreta una convincente madre chioccia, amorevole, ma ancora forte e indipendente come sono le donne di montagna.
Alla richiesta da parte dei genitori di essere accuditi da uno dei figli, per trascorrere gli ultimi anni della loro vita, l’ipocrisia si rivela in tutta la sua drammatica verità. Interessante è la considerazione fatta proprio dalla figlia, quella apparentemente più sensibile ai drammi umani, durante una tragicomica riunione tra fratelli, per decidere il destino dei genitori. Degli anziani genitori loro oggettivamente non possono occuparsene, perché hanno tutti una vita già complicata, come non sarebbe conveniente cercare loro un ricovero in ospizio a causa del giudizio della gente. Quindi che fare? L’unica soluzione possibile, in linea con il cinismo purtroppo molto realistico di Monicelli, è quella di regalare ai “tanto amati” genitori una stufa moderna però difettata. Il finale, letteralmente col botto, è intuibile.
Recensione
Il regista riesce a rappresentare in modo tragi-comico, avvalendosi dell’infallibile ironia partenopea, e del talento di Lello Arena, uno spaccato di vita comune, che fa amaramente riflettere su quello che siamo diventati. Eccoci uomini soli, ipocriti ed egoisti, in linea con la nostra società veloce e schizofrenica. La sacralità della vecchiaia, forse funzionale ad un’idea di comunità la cui esistenza era garantita anche dal rispetto del capo famiglia, è stata sostituita con il “reparto confino”. Parliamo dell’ospizio o ancora più tragicamente con l’eliminazione materiale di quella che si è trasformata in una pesante zavorra perché d’impiccio. Il tema è stato affrontato da Monicelli che aveva già colto il cambiamento epocale dei valori della famiglia. Profeticamente è oggi molto più attuale di allora. Lo sguardo impietoso di Monicelli si fa proprio di un cinismo comprensibile.
Come scrive Melchionna nelle note di regia facendo un’analisi antropologica: “Prima o poi saremo tutti dei vecchi bambini bisognosi di cure; perché trasformarci in soprammobili polverosi, inutili e ingombranti? In quest’epoca in cui tutto e il contrario di tutto sono la stessa cosa ormai, con questa commedia passeremo dalle risate a crepapelle per il tratteggio grottesco e a tratti surreale dei personaggi al più turpe cambiamento di quegli esseri che – chi di noi non ne ha conosciuto almeno uno? – Da umani si trasformeranno negli animali più pericolosi e subdoli: i serpenti”.
Conclusioni
I serpenti hanno effettivamente un aspetto esteticamente sgradevole, ma sono dotati da madre natura dell’istinto che dà loro la possibilità di difendersi in situazioni di pericolo o di uccidere per fame, come è caratteristica innata di tutti gli animali. La natura purtroppo non ci ha donato questa capacità di adattamento naturale all’ambiente, ma l’istinto è stato sostituito dalla ragione che però viene plasmata dalla cultura in cui cresciamo, che delinea il bene e il male, il giusto e l’ingiusto a prescindere dalla naturale urgenza alla sopravvivenza. Questa peculiarità, tutta nostra, ci rende spesso più sgradevoli di, in apparenza, viscidi e inutili serpenti.