Di Caterina Mortillaro
Che cosa sono le Intelligenze Artificiali, meglio note come AI? In che misura cambieranno le nostre vite? Dobbiamo provare paura che invadano i nostri spazi sostituendosi all’uomo e, magari, un giorno, manipolandolo? Dobbiamo credere agli scenari distopici della fantascienza?
A UMANIA, il convegno che si è tenuto allo IULM di Milano il 13 giugno 2019, si è parlato delle molte sfaccettature di quello che si prospetta come un cambiamento epocale. O “disruption”, per usare un termine che è stato ripreso più volte nel corso della giornata. Cambiamento al quale non sarà possibile sottrarsi. C’è chi lo paragona all’invenzione della scrittura e della stampa (ne parlo nell’articolo che puoi trovare qui) e c’è chi, come Pio Parma (Senior Consultant Area Scenari e Intelligence di The European House-Ambrosetti), lo definisce “la quarta rivoluzione industriale”. C’è chi ci vede la chiave del benessere futuro e chi un’occasione per fare business. Ma la sostanza non cambia: non si torna indietro.
Conviene quindi informarsi e cercare di entrare in questo mondo per imparare a interagire con esso e non a subirlo.
UMANIA, il cui titolo coniuga i due aspetti basilari, l’umanità e le AI, è stato concepito proprio per riflettere su questi temi, con un ricco programma di interventi e workshop. Molteplici gli spunti, molti dei quali hanno anche evidenziato rischi e criticità. Peccato solo che, a volte, l’impostazione enfatica, “all’americana” e l’entusiasmo di alcuni relatori abbiano comunicato la sensazione di trovarsi di fronte a un tentativo di convincere il pubblico più che informarlo in modo approfondito. Anche i dati, sciorinati da alcuni, con dovizia di grafici, potevano essere problematizzati di più.
Ma veniamo alle informazioni, di sicuro interesse, che abbiamo potuto estrapolare nel corso della sessione plenaria della mattina.
Fino a che punto sono evolute le AI oggi?
Innanzi tutto, come ha spiegato Piero Boccianti di AXIA, va specificato che oggi siamo ben lontani dalle cosiddette Intelligenze Artificiali Generali, che emulano in tutto l’essere umano, come gli androidi della migliore fantascienza o l’inquietante Hal 9000. Per ora le AI svolgono solo funzioni ristrette, cioè eseguono compiti precisi. È vero che si sta insegnando alle Intelligenze Artificiali a esprimere creatività, copiando, ad esempio, lo stile di un pittore come Kandinsky, ma c’è da chiedersi se ciò abbia un senso o un valore. Inoltre, le AI ancora non hanno la capacità di utilizzare ciò che hanno appreso in un contesto differente, come facciamo noi esseri umani.
Quindi, che cosa possono fare esattamente le AI allo stato attuale?
Alessio Semoli (CEO di PranaVentures), con toni entusiastici, ha fornito un interessante panoramica. Innanzi tutto si prevede un incremento sempre maggiore del vocal search, ovvero i dispositivi che interagiscono con noi attraverso comandi vocali semplificando certe procedure. Inoltre dobbiamo aspettarci un utilizzo delle AI nel marketing e nel customer support. Ma non solo. Già oggi ci sono droni utilizzati in agricoltura per analizzare e ottimizzare i terreni; nella sanità è accaduto che le AI abbiano affiancato i medici nella diagnosi, offrendo una visione del problema da angolazioni inedite. Interessantissimo anche l’impiego nella didattica per stimolare l’apprendimento esperienziale.
Alcuni aspetti inquietanti delle AI
Finora tutto apparentemente stupendo. Ma il lavoro? Non c’è il rischio che l’essere umano diventi inutile? Nella visione di Semoli l’irrompere delle AI nel mondo del lavoro non può che migliorare le nostre vite, sollevando dalle spalle dell’uomo il fardello della fatica e consentendo a tutti di lavorare meno e di lavorare meglio. Ma sarà vero? O piuttosto si tratta di un’utopia che finirà stritolata dalla dura logica del profitto?
Decisamente più inquietanti le considerazioni di Cristina Pozzi (Founder ImpactScool). Le sue parole, infatti, evocano scenari davvero fantascientifici: AI che leggono le emozioni, AI che imitano le persone care scomparse, progetti di ricerca che mirano al download della coscienza umana su un hardware (tema centrale della fortunata serie “Battlestar Galactica”). Per non parlare del deepfake, ovvero la creazione di video in cui si fanno pronunciare discorsi falsi a immagini false di persone realmente esistenti (sono finiti nel mirino anche Obama e lo stesso Zuckeberg). Con un pericolo enorme di manipolazioni delle masse, soprattutto in politica. Scottante anche la questione dei sistemi di sicurezza che rischiano di ledere la libertà personale e la privacy.
Non bisogna dimenticare, poi, che le AI funzionano sulla base dei dati che sono stati immessi al loro interno. Se questi dati sono fallaci o colmi di pregiudizi, il risultato sarà amplificato, con effetti molto negativi. Infine va sottolineato che l’accesso alle nuove tecnologie è polarizzato: in parole povere, solo un’élite beneficia dei vantaggi di queste innovazioni.
Quanto al lavoro, il già citato Pio Parma ha ammesso che ci sarà una perdita fino a 4,3 milioni di posti di lavoro solo in Italia, ma poi ha cercato di rassicurare l’uditorio dicendo che si aprono nuove prospettive nell’ambito delle attività creative, non ripetitive, complesse, che implichino la componente relazionale. Ma viene spontaneo domandarsi: quanti sono tagliati per svolgere mansioni simili? E soprattutto, quanti riceveranno l’educazione adeguata? Che ne sarà delle masse che oggi svolgono mansioni non specializzate, di tipo manuale, che non richiedono un alto livello d’istruzione? Come ricollocarle? Non ci sarà il rischio che le si colpevolizzi per la loro mancanza di flessibilità (altra parola abusata durante il convegno) e che le si lasci ai margini, nella migliore delle ipotesi con un sussidio di sopravvivenza?
Prospettive concrete: le AI nelle pubbliche amministrazioni e nelle aziende
Altro problema, più volte evidenziato, è la Legge di Martec, ovvero lo scollamento tra la crescita in termini di innovazione tecnologica e il progredire concreto delle istituzioni. Come dire che abbiamo a disposizione strumenti da fantascienza ma ancora non siamo riusciti ad adeguare le strutture, le aziende, le amministrazioni in modo da trarne il meglio. A giudicare dai grafici, è una corsa a due velocità, ma Anna Sirica (Direttore dell’Agenzia Spaziale Italiana) ha mostrato che “si può fare”. Si può cioè avvalersi dei vantaggi che le AI offrono per modernizzare le pubbliche amministrazioni e le aziende e conseguire migliori risultati. La formula consiste nel partire dalle persone, formandole. Solo successivamente sarà possibile innovare i processi. A questo punto la tecnologia potrà essere introdotta con profitto.
Un discorso molto sensato e concreto, in una mattinata in cui, a volte si è avuta la percezione che si stesse parlando di idee scollegate dalla realtà. O di scenari che, occorre dirlo, stavano in bilico come funamboli sul filo teso tra utopia e distopia.