Di Paolo S. Cavazza
Caterina Mortillaro, antropologa culturale e insegnante, è una veterana della letteratura di genere. Ha lavorato a lungo come traduttrice, ha scritto alcuni racconti usciti su varie antologie, e nel 2015 ha pubblicato il romanzo di fantascienza umoristica Cicerone. Memorie di un gatto geneticamente potenziato.
Nel corso dell’ultimo anno ha ottenuto tre riconoscimenti molto significativi: è giunta in finale al premio Urania Short, risultando seconda nel sondaggio condotto fra i lettori della storica rivista mondadoriana con il racconto Quid Est Veritas?, pubblicato nel numero di novembre 2018 di Urania; ha vinto il premio Delos Passport con il romanzo breve Bollywood Babilonia, un noir di ambientazione indiana; e in questi giorni è stata annunciata la sua vittoria del premio Odissea 2019 con il romanzo Devaloka. Il pianeta degli dei, un’opera di ampio respiro frutto di diversi anni di elaborazione.
In seguito a questo risultato, lungamente atteso, ho rivolto a Caterina alcune domande sulla sua attività di scrittrice e sulla sua visione del panorama odierno della letteratura fantastica, e in particolare della fantascienza, in Italia.
Attualmente tu sembri prediligere il fantastico, e in particolare la fantascienza, tra i vari generi di letteratura. Per quali ragioni?
Scrivo prevalentemente fantastico perché, come ho scritto nel mio sito, mi permette di viaggiare senza l’ingombro delle valigie. Attraverso l’immaginazione posso esplorare mondi diversi e lontani nel tempo e nello spazio. Ma posso anche entrare negli interstizi della realtà, proponendo punti di vista altri. In pratica, come l’antropologia, la letteratura fantastica offre l’occasione di decentrare lo sguardo. Il fantastico, infatti, è un genere di per sé stesso allegorico. Trovo noioso e pesante scrivere (ma anche leggere) letteratura che parla del grigio diluvio della realtà quotidiana. Mi basta affacciarmi alla finestra, senza bisogno di libri.
Come nasce un romanzo complesso come Devaloka?
Devaloka nasce dalle mie grandi passioni: la fantascienza, l’antropologia, l’India e la religione. Ho voluto immaginare un mondo in cui gli Indiani da colonizzati diventassero colonizzatori. Ma soprattutto ho cercato di porre alcune domande sulla natura stessa del divino.
So che hai dedicato circa tre anni alla stesura di questo romanzo. Quali sono state le difficoltà maggiori?
Devaloka ha richiesto molto lavoro di ricerca sia a livello antropologico e religioso, sia a livello della trama. Nel mio computer ne ho un gran numero di versioni. Dopo una stesura durata quasi tre anni, con innumerevoli revisioni, vedere riconosciuto il suo valore è una grande gioia.
È opinione comune che la fantascienza letteraria, dopo un periodo di grande popolarità durato alcuni decenni, sia oggi un genere di nicchia, con un nucleo residuo di pochi lettori che formano un pubblico piuttosto conservatore. Tu pensi che questo sia vero, e, se è vero, come si potrebbe contrastare questo declino?
Purtroppo, come ho avuto modo di sottolineare proprio sulle pagine del Bugiardino, la fantascienza ha pochi lettori in Italia. Tuttavia, c’è da dire che il grande pubblico ha un’opinione falsata di questo genere. Innanzi tutto non ne conosce la vastità di declinazioni. Al punto che spesso accade che libri di fantascienza, presentati sotto altre etichette (distopia, realismo magico ecc.) trovino il favore dei lettori. Non so come se ne potrebbe uscire.
Qualcuno dice che i premi letterari non hanno valore. Qual è la tua risposta a questa affermazione?
Sappiamo che importanti premi letterari sono pilotati dalle case editrici o da logiche di mercato. Altri vengono creati per tirare su le quote delle iscrizioni. C’è poi la questione della competenza delle giurie. È accaduto e accadrà ancora che grandi libri non vincano ma abbiano successo e viceversa libri scadenti ce la facciano ma poi finiscano nel dimenticatoio. Con Devaloka credo di avere fatto un buon lavoro, e conosco la serietà della giuria.
La fantascienza è stata spesso descritta come una letteratura di idee, come una porta aperta sul futuro. Non vedi qualcosa di paradossale nel declino di questo genere rispetto al successo duraturo del poliziesco, o noir, o anche di un genere come il romance, che viene spesso negletto o addirittura considerato marginale, nonostante le cifre delle vendite e la fedeltà del suo pubblico?
Il linguaggio di certa fantascienza è spesso ostico e autoreferenziale. Nel tentativo di produrre testi originali, sia nei contenuti che stilisticamente, a volte forse si esagera. Così il lettore di allontana e preferisce generi che sente più vicini a sé, al suo mondo. Bisognerebbe riscoprire anche nella fantascienza il piacere della narrazione. Quanto poi alla ragione per cui la letteratura di genere (quale che sia) è vissuta come di serie B, bisognerebbe fare un lungo discorso che ci riporta anche alla svolta neorealista nel cinema. In buona sostanza si è affermata l’idea erronea che la letteratura di genere sia scadente. Un fatto tutto italiano.
Ne ho parlato anche sul Bugiardino in un mio articolo in occasione della rassegna Oltre lo specchio.
La tua è una visione critica ma non pregiudizialmente negativa o catastrofica, come avviene nella letteratura distopica che ormai sembra diventata quasi un genere a parte della “vera” fantascienza. Tu come vedi il futuro della letteratura… e non solo?
La distopia può avere il merito di porre l’attenzione su certe possibili derive negative del nostro presente, ma ultimamente rischia di diventare un esercizio stilistico trito e ritrito. Questa nostra epoca ha bisogno di sogni, di una visione più ampia e più bella del futuro. Non un’utopia, ma un faro con cui orientarsi.
E adesso? Che cosa accadrà? Come vedi il tuo futuro di scrittrice dopo il Premio Odissea?
Che mi aspetto? La strada è tutta in salita. Pubblicare è un po’ come uscire nudi sulla pubblica piazza. Se poi hai vinto un premio, stai certo che alcuni si faranno un vanto di notare i difetti del tuo libro. E non parliamo della promozione! Come ha detto qualcuno, ormai gli scrittori devono dedicare più tempo alla promozione che a scrivere. Ma ogni romanzo che pubblichi è anche una grande occasione. È mia intenzione non sprecarla. Sto già lavorando a nuovi progetti.
Per conoscere meglio Caterina Mortillaro e il suo lavoro, potete fare riferimento ai suoi articoli pubblicati sul Bugiardino, al suo sito web www.caterinamortillaro.it o alla sua pagina Facebook https://www.facebook.com/caterinamortillaroautrice/