Di Claudio Pellerito
Parlando di un’opera lirica, si dovrebbe mettere l’accento sulle performance dei cantanti, sul loro fraseggio, la loro tessitura, la loro voce insomma. Ma quando c’è di mezzo Emma Dante e Macbeth (e quindi Shakespeare) non si può non parlare di drammaturgia e regia. Parliamo del Macbeth, rivisitato per il melodramma da Verdi e diretto proprio da Emma Dante, andato in scena a Macerata il 20 luglio, una delle opere di punta del Macerata Opera Festival (MOF). Macbeth e Lady Macbeth sono interpretati egregiamente dai famosi cantanti d’opera: Roberto Frontali e Saioa Hernandez
Macbeth: recensione
I mimi e i figuranti fanno un lavoro strepitoso, soprattutto le donne che, insieme alle coriste, sono delle streghe sempre presenti, inquietanti, il vero motore dell’azione, come Shakespeare nel suo testo dice subito, fin dalla prima scena del dramma. Emma Dante lo ha capito perfettamente, mettendo in scena all’inizio del terzo atto una scena che colpisce per potenza e impatto: le streghe partoriscono dei feti che vengono poi gettati in dei calderoni, e questo oltre a essere visivamente mostruoso ci fa arrivare alla vera protagonista della storia, cioè la Lady; interpretata dall’eccezionale soprano Saioa Hernandez, che ha una voce potentissima e che è stata accolta da una vera ovazione alla fine.
Lady Macbeth è colei che viene davvero suggestionata dal linguaggio delle streghe. Indossa dei guanti rossi che indicano il sangue che presto cercherà di lavarsi dalle mani. Indosserà il mantello del marito, lasciato cadere nella meravigliosa scena del banchetto (in cui la tavolata è in diagonale, il mantello diventa la tovaglia rosso sangue, quello di Banquo che al contrario appare vestito di bianco, e in cui i mimi fanno un omaggio ai pupi siciliani con dei movimenti di maschera precisi e inquietanti, e dove il re, alla fine, rimane solo).
È sempre Lady Macbeth che conquista più volte il centro della scena, e come potrebbe tutto questo non essere collegato alle streghe e a quella scena dei calderoni, quando nel testo Shakesperiano dice: “Io ho allattato, e so quant’è tenero amare il bimbo che succhia. Eppure gli avrei strappato il capezzolo dalle gengive senz’osso, e gli avrei fatto schizzare il cervello mentre mi sorrideva, se avessi giurato come te”? Chapeau ad Emma Dante e ai suoi attori per aver messo in scena la stregoneria di questa frase, su un bimbo mai nominato e che forse non è mai esistito.
Sempre l’Hernandez è bravissima nella famosa scena della macchia, in cui è accompagnata dal medico Giacomo Medici e dalla dama Fiammetta Tofoni, entrambi perfettamente nella parte e molto convincenti nel canto, impegnati come sono in una scena difficilissima in cui cantano a 50 metri di distanza facendo arrivare le loro voci a tutto lo Sferisterio senza sforzo.
Il Macbeth di Roberto Frontali è fisicamente perfetto e bravissimo a far emergere sia l’autorevolezza del protagonista sia le sue fragilità che emergono con sempre più costanza durante l’opera: il suo ingresso in groppa allo scheletro di un cavallo (altro particolare che fin da subito mette in chiaro la morte e la magia nera presenti in tutta l’opera) colpisce nel segno.
Bravissimi anche il Banquo di Alex Esposito in perfetta contrapposizione con Macbeth, il Malcolm di Rodrigo Ortiz e soprattutto il Macduff di Giovanni Sala, commovente nell’aria “Ah, la paterna mano!” circondato da decine di corpi morti mentre lui è in ginocchio al centro. Convince anche il Sicario di Cesare Kwon.
Macbeth: regia, scenografia e musica
Tornando alla regia, il Duncan della Dante è un Cristo in croce nel vero senso della parola, forse l’unico elemento sacro in mezzo al sangue e al profano, l’innocente, il capro espiatorio.
Gli omaggi alla Sicilia non finiscono e quando la Foresta di Birnam si muove sono delle piante di fichi d’india a farlo, e la battaglia avviene con dei movimenti di spada che di nuovo evocano i pupi siciliani.
Ultimo, ma non meno importante elemento, la scenografia fatta di tante corone d’oro, una più grande dell’altra, che si stagliano dietro a Macbeth e alla sua Lady per tutta l’opera, a simboleggiare la sete di potere, la brama di salire su quel trono che porterà i due amanti alla morte, una brama che è troppo più grande di loro, li sovrasta simbolicamente e letteralmente, in un vortice che porta la profezia delle streghe ad auto-adempiersi (ma sulle profezie che si auto-adempiono dovremmo aprire un grande capitolo a parte).
Il coro diretto dal Maestro Martino Faggiani aveva un compito arduo, vista la sua elevata presenza nell’opera verdiana, compito portato a termine alla grande, soprattutto nei pianissimi e nella meravigliosa scena finale col coro tutto riversato in mezzo alla platea.
L’orchestra diretta dal Maestro Ciampa è potente, energica, coinvolgente.
Insomma, in questo Macbeth convince tutto, pur con una regia e con dei colori che potrebbero sembrare un po’ anni ‘80, ma che in realtà restituiscono tutta la vera potenza del dramma Shakespeariano.
Macbeth di Emma Dante è uno spettacolo da vedere assolutamente.
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