Di Lelio Naccari
Messina, 5 Agosto, Cortile Calapaj-D’Alcontres. È andato in scena “Uomo Maturo” dell’inglese Steve Cable. La classica intelligenza dell’humour inglese fa meltin’ pot con i cliché siciliani, e catanesi in particolare. Steve ha deciso di venire in Italia anni orsono perché per lui rappresentava la patria dell’arte e della creatività, e di restare e vivere fra i suoi mille paradossi, su cui scherza amabilmente. Per farlo non ha bisogno di nulla, se non di sé stesso. Riempie la scena col suo solo brio e dando voce ai personaggi dei suoi racconti.
Non sorprende che abbia scelto il sud Italia come casa, in quanto la sua indole calorosa smentisce l’immagine stereotipata che abbiamo degli inglesi. Egli è infatti, un canter-burino (di Canterbury), quindi per metà zotico, e i cliché che si diverte a demolire con la freschezza della stand up comedy sono tanti.
Uno spettacolo, che mette d’accordo tanti, a cui mettere il bollino giallo solo per qualche battuta un po’ zozza, anche se credo i bambini di oggi ne sappiano più grandi. L’ironia inglese rende più intelligenti perché – per dirla alla Luhman – è un media freddo e non caldo. Funziona per mancanza, per sottointesi. Ti porta a un certo punto con la narrazione, e poi bisogna completare col pensiero.
Già dal primo istante in cui piomba sul palco, come un guitto, e inizia a parlare col suo strano accento inglese, non si può che prenderlo in simpatia, seguendolo nel resoconto delle sue peripezie. Si sono chiesti in molti cosa sia la presenza scenica e le campane sono come sempre varie. Dipende anche dal rapporto con se stessi, e con l’altro, da cui consegue quello con il pubblico.
Si può essere più o meno aperti al prossimo, e implicitamente porre una distanza che non è prossemica, ma interiore. Il teatro, per Steve, è il luogo della verità. Per farlo bisogna abbattere i muri che abbiamo dentro, e la sua voglia di esserci, di vivere, lo porta ad essere uno di noi, che viene da un’altra parte.
Porta in scena la sua birra, ed è come se bevessimo con lui al tavolo di un bar. Ci rende partecipi. Non è per forza, sempre, questione di proporre significati profondi, a volte basta vivere un momento leggero tutti insieme. “Insieme” è un messaggio.
Un inno semplice, scanzonato e fresco alla voglia di scoprire, e di conoscere gli altri per conoscersi, o riconoscersi. Una parabola fanciullesca sulla fragilità.
Uscire dalla nostra zona di comfort, lasciare il paese di nascita partire e immergersi nel diverso ci fa lasciare a casa una grossa fetta di noi, ci obbliga a guardarci in faccia. Non sempre è facile, ma la difficoltà costringe all’apertura. Siamo capaci di fare cose che non avremo immaginato, parlare con qualcuno che nella nostra città di origine mai. Diventiamo più accessibili, sensibili ai dettagli, alla bellezza.
Ridendo di se stesso Steve Cable ci porta a ridere di noi e quando i nostri muscoli si rilassano scopriamo che dopo, per un po’, litighiamo meno, siamo meno presi dall’importanza dell’io, e curiosi di sapere chi possano essere gli altri, e quali storie abbiano da raccontarci.
L’incontro con noi stessi e con l’altro è sempre possibile, se lo vogliamo, e questa edizione del Cortile Teatro Festival di Roberto Zorn Bonaventura lo ha provato, creando momenti di genuina complicità. Speriamo i muri continuino ad abbassarsi, oppure noi a crescere, per vederci oltre.