Di Lucilla Continenza.
“In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo! Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi nulla. Poi ancora nulla. Poi ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire che è finito” (cit. Fontamara, di Ignazio Silone).
Ignazio Silone uomo di sinistra nel senso “idealtipico” del termine e grande scrittore (tra il 1946 e il 1963 ha ricevuto ben dieci candidature al Premio Nobel per la letteratura). Parliamo di uno dei personaggi più importanti e controversi della letteratura antifascista e della politica di sinistra del dopoguerra, fino a 41 anni fa, quando ci ha lasciato.
Pescina dei Marsi, borgo appenninico in provincia de L’Aquila, paese di origine di Silone e “musa” ispiratrice delle sue opere, tra cui Fontamara il romanzo suo romanzo più letto, dedica tutti gli anni una manifestazione allo scrittore, ovvero il premio Internazionale Silone. Si tratta di una serie di eventi con diversi concorsi, arrivata ora alla XXII edizione, che si svolgerà quest’anno dal 17 al 28 agosto nel Teatro San Francesco del paese.
L’iniziativa nasce dalla Regione Abruzzo 22 anni fa, per promuovere e onorare la vita e l’opera di un compaesano che partito da un piccolo paese dell’Appennino è diventato un personaggio di fama mondiale, nonostante una vita non facile e non priva di tragedie personali e difficoltà. Insomma un vero guerriero.
Il nobile intento della Regione per 22 edizioni è stato quello di realizzare e soprattutto diffondere valori cari allo scrittore, come verità, giustizia, impegno politico, sociale e civile. L’evento è organizzato direttamente dal Centro Studi Ignazio Silone e dal Comune di Pescina. Sarà suddiviso in cinque parti e i concorrenti che parteciperanno riceveranno dei riconoscimenti prestigiosi. Parliamo di un’iniziativa che vuole coinvolgere i giovani a non dimenticare.
Tra gli appuntamenti da menzionare ricordiamo che giovedì 22 agosto Neri Marcorè parlerà di Ignazio Silone.
Domenica 25 agosto 2019, è poi in calendario lo spettacolo teatrale Uscita di sicurezza tratto dallo stesso testo di Silone, per la regia di Mirco Michelon . Protagonista un’attore d’eccezione, ovvero Giuseppe Pambieri che evocherà il pensiero dello scrittore espresso nel racconto che dà il titolo allo spettacolo. Con Pambieri in scena anche: Simone Faloppa, Diletta Laezza, Gaia Magni, Alessandro Martorelli, Antonio Pellegrini, Natascia Pietrangeli e Alessandro Scafati. Le musiche sono curate dall’Apeiron Quintett composto da musicisti abruzzesi.
Spiega il regista e studioso a proposito dello scrittore pescinese: “Silone parla di libertà, non solo a livello personale e umano. L’autenticità e attualità di Uscita di sicurezza si ritrova proprio in questa chiave di volta, in questa possibilità che ogni singolo individui le due facce della vocazione di Silone stesso; quella dello scrittore e quella del politico. Esiste un impegno morale prima che politico, perché l’essere umano è prima di tutto un animale sociale (…)”.
Ignazio Silone: tra impegno politico e civile
Silone è un personaggio a cui sono particolarmente affezionata, e che da sempre mi ha molto incuriosito. Dopo aver letto diversi romanzi che tengo cari nella mia libreria: Fontamara, Il segreto di Luca, Pane e Vino, Per un pugno di more e altri, il fatto di essere diretta discendente dei cafoni di cui parla nei suoi libri, mi ha reso orgogliosa del riscatto che questa terra ha avuto dopo l’oppressione fascista: la redistribuzione delle terre del ricco latifondo della Conca del Fucino, “feudo” del Principe Torlonia e della dittatura dei podestà fascisti.
Fontamara veniva fatto leggere già alle scuole medie quando l’Italia era un paese profondamente democratico e antifascista. In Fontamara, Silone evidenzia tutta la sofferenza dei braccianti causata dalle angherie dei latifondisti e dei fascisti. Un romanzo non curatissimo nella forma, (così dicevano i dotti e aulici critici italiani), scritto di getto, con il cuore, lontano dai virtuosismi stilistici di un altro famoso abruzzese: l’irredentista e spregiudicato Gabriele D’Annunzio, più attento alla forma che alla sostanza.
Chi era l’uomo Silone?
A prescindere dai suoi romanzi dedicati ai suoi “cafoni” e alla sua terra tanto amata (le sue ceneri sono a Pescina rivolte, per sua volontà, verso la conca del Fucino), la sua vita è un vero e proprio romanzo. Silone scrive di gente semplice, di quotidianità di vita contadina durante il ventennio fascista. Ma la sua vita è stata invece un continuo peregrinare per l’Europa e cosa da non dimenticare Silone è con Antonio Gramsci e Amadeo Bordiga uno dei fondatori del Partito comunista italiano.
Il vero nome di Silone è Secondo Tranquilli, Silone forse si ispira a quello di un famoso gladiatore marso. Il politico, scrittore, giornalista e drammaturgo nasce a Pescina nel 1900 e si spegne a Ginevra nel 1978.
Nel 1931 è costretto per un diverbio con Togliatti e su ordine di Stalin, ad abbandonare il Partito Comunista. La faccenda è controversa e ancora non chiarissima, ma Silone accetta l’espulsione senza battere ciglio.
Durante gli anni della clandestinità che costringe i personaggi politici di spicco oppositori al fascismo a fuggire, Silone diventa molto attivo nel Partito socialista clandestino, e dirige le riviste “Europa socialista” e “Tempo presente”, la cui linea editoriale si basa su un socialismo democratico e umanitario.
Una vita di coerenza e ideali
La sua vita, come ho già scritto, è un vero romanzo. Sua madre è una tessitrice, il padre un piccolo proprietario terriero. Silone ha 5 fratelli. Nel 1911 muore il padre mentre durante il terremoto del 1915, che distrugge completamente la Marsica, il giovane Ignazio perde la madre e quattro dei suoi 5 fratelli. Resta solo al mondo con il tanto amato fratello Romolo, il più piccolo della famiglia. «Il ricordo del terremoto erompe dalle sue pagine con lo stesso significato che per Dostoevskij ebbe l’esperienza di scampare all’ultimo minuto dall’esecuzione capitale»: scrive di Silone il critico Richard W.B. Lewis.
Rimasto orfano, solo con il fratello e la nonna Vincenzina, Silone è costretto ad abbandonare il ginnasio. La salvezza arriva grazie a Don Orione che interessatosi dei terremotati della Marsica capisce la genialità del giovane in difficoltà e se ne prende cura. Lo fa studiare a Genova e poi a Reggio Calabria, sempre presso le comunità gestite dal parroco, diventato poi santo.
Ma Silone è un indomabile e irruento e torna spesso nella sua amata Pescina dove comincia a interessarsi di politica e milita nella Lega dei contadini, un gruppo rivoluzionario antilatifondista e di sinistra. Silone giovanissimo viene addirittura arrestato per aver organizzato una violenta manifestazione contro l’adesione dell’Italia alla Prima guerra mondiale.
Nel 1918 si trasferisce nella vicina Roma dove continua il suo sentito impegno politico nella Gioventù socialista, che si oppone fortemente all’ascesa del fascismo. Nel 1921 è tra i partecipanti del Congresso di Lione e ripetiamo uno dei fondatori del PCI.
Il 1922 è l’anno della marcia su Roma che sancisce il potere fascista in Italia, l’omicidio Matteotti del 1924 fa di Mussolini il vero capo politico d’Italia. Silone in quegli anni è direttore de L’avanguardia (giornale antifascista romano) e redattore de Il Lavoratore, con sede a Trieste.
Gli anni della dittatura fascista
A causa della dittatura fascista che nel 1926 dopo l’approvazione da parte del Parlamento delle leggi di difesa del regime, scioglie tutti i partiti politici, Silone è costretto a vivere in clandestinità collaborando con Gramsci, fino all’arresto di quest’ultimo. Ma nel 1931 viene espulso dal partito comunista accusato di essere antistalinista e simpatizzante di Lev Trotsky.
Rimane quindi solo e in povertà, vive prevalentemente a Ginevra, dove continua solitario la sua opposizione al nazifascismo in clandestinità. Nella vita dello scrittore abruzzese si aggiunge però un’altra grande tragedia, che lo segnerà tutta la vita, ovvero la morte in carcere dell’amato fratello Romolo, arrestato nel 1928 dai fascisti per appartenere al Partito Comunista illegale. Ha affermato Darina moglie di Silone dopo la morte del marito: “A Zurigo dove lo conobbi, mi aveva raccontato un po’ alla volta la tragica storia di suo fratello: senza dettagli e senza emozione. Dovevo ascoltarlo in silenzio: la minima parola mia gli faceva subito cambiare argomento“.
Grazie all’appoggio e al sostegno di amici antifascisti e soprattutto alle sue capacità di scrittura, Silone comincia a pubblicare i suoi romanzi più famosi e fonda una rivista antifascista a Ginevra in lingua tedesca. Diventa anche direttore de il Centro estero socialista di Zurigo. Mussolini chiede al governo svizzero l’estradizione dello scomodo giornalista antifascista, che fortunatamente non verrà mai concessa.
Il rientro in Italia e la carriera politica e letteraria
Rientrato in Italia dopo l’agognata fine del fascismo continua la sua attività di scrittore, giornalista e politico nel partito socialista di Nenni.
In questi anni dirige l’Avanti!, fonda Europa Socialista. Deluso però dalla politica dirige la sezione italiana del Movimento internazionale per la libertà della cultura e assume la direzione della rivista Tempo Presente.
Nel 1965 pubblica Uscita di sicurezza. È questa l’opera che inizia a dargli i primi reali riconoscimenti della critica italiana. Lo scrittore, sin dai tempi di Fontamara, era molto apprezzato all’estero, ma poco in Italia dove viene definito dai dotti: “Incline ad un’attitudine moralistica e dallo scarso valore artistico”. La consacrazione in Italia arriva nel 1968 con l’uscita de L’avventura di un povero cristiano, il suo ultimo libro. Nell’opera Silone attualizza la vicenda di un altro celebre abruzzese Celestino V, il papa del “gran rifiuto”. Il testo fa risaltare il suo legame alla fede e all’ideale cristiano di purezza morale.
Silone è stato lodato dai scrittori di fama mondiale, come: Camus, Brecht, Mann, Bo e tanti altri.
Mi piace ricordare Ignazio Silone con queste sue parole che esprimono l’identità della sua terra e della sua gente tanto amata, il cui ricordo probabilmente gli dava forza negli anni della clandestinità: “Tutto quello che m’è avvenuto di scrivere, e probabilmente tutto quello che ancora scriverò, benché io abbia viaggiato e vissuto a lungo all’estero, si riferisce unicamente a quella parte della contrada che con lo sguardo si poteva abbracciare dalla casa in cui nacqui. È una contrada, come il resto d’Abruzzo, povera di storia civile, e di formazione quasi interamente cristiana e medievale. Non ha monumenti degni di nota che chiese e conventi. Per molti secoli non ha avuto altri figli illustri che santi e scalpellini. La condizione dell’esistenza umana vi è sempre stata particolarmente penosa; il dolore vi è sempre stato considerato come la prima delle fatalità naturali; e la Croce, in tal senso, accolta e onorata. Agli spiriti vivi le forme più accessibili di ribellione al destino sono sempre state, nella nostra terra, il francescanesimo e l’anarchia”.
Per informazioni sul calendario degli eventi: https://comune.pescina.aq.it