Di Lelio Naccari
13 Agosto, Tenuta Rasocolmo, tramonto. In scena lo spettacolo dell’artista ericino Gaspare Balsamo, specializzatosi in Cunto e Opera dei pupi all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, sotto la guida di Mimmo Cuticchio. Epica Fera è ispirato ad alcuni brani dell’opera Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, un grande romanzo post-moderno che racconta con stile innovativo il rapporto dell’uomo col mare.
Gaspare Balsamo ci prende all’amo trascinandoci seco fra gli alti e i bassi della narrazione, proprio come una barchetta in mezzo alla tempesta. Lo vediamo salire e scendere, vocalmente, fisicamente, emozionalmente. Dirimpettaio estremamente gradevole di un gioco esperto che non dimentica di farci conoscere la psicologia dei personaggi, macchiette o reali che siano, frutto della penna affabulante e fantasiosa di D’Arrigo, di cui alla rappresentazione era presente anche una parente stretta, ovvero la cugina. Balsamo ha avuto modo di prendersi del tempo con lei e farsi raccontare aneddoti inediti, che potrebbero, chissà, diventare frutto di qualche altra narrazione, in un rimando fra storie. Il racconto riverbera fra le epoche magnificandosi o perdendo dettagli, facendo leggenda di se stesso, entrando nell’immaginario. Ogni suono, ogni mossa, ogni parola dell’artigianato del Cunto è un mondo di suggestioni a noi subito chiare, come l’orco per i bambini. L’antropologia di un popolo espressa, una tradizione fatta carne, patrimonio dell’umanità.
Ritorno alle origini
Inizia con un canto lieve che viene a noi dal fondo di una sala inesistente. Siamo all’aperto, a strapiombo su questa distesa d’acqua azzurra e splendente, luccicante all’orizzonte sotto i raggi del sole. Promontorio Nord rassegna curata da Robert Zorn Bonaventura all’interno del più ampio palinsesto del Tenuta Capo Rasocolmo Summer Fest dell’omonimo Resort, ha voluto sfruttare questo palcoscenico naturale con un fondale unico per dar voce a un teatro originario, senza artifici. No microfoni, niente luci, zero supporto musicale. Lo spettacolo di Balsamo, che tra l’altro in genere va in scena con l’accompagnamento di un musicista ai tamburi, viene qui presentato in chiave ancora più asciutta affidando tutta la suggestione alla forza evocativa dell’attore.
Fera o delfino?
All’inizio della narrazione, affidata alla voce dei poveri pescatori (Peddi i’ squatra – Cioè dalla pelle ruvida e abituata al sole), non sappiamo esattamente cosa siano queste “fere”, ma ci vengono raccontate come terribili mostri marini dotati di qualità eccezionali, che fanno strage di pesce a scapito loro. Più tardi, nell’incontro con la nave di un’altissima eccellenza fascista ci è svelato l’enigma: sono delfini. Da qui buona parte della storia si muove fra leggenda, suggestione e comico all’inseguimento di quale sia il vero nome della bestia, per poter decidere che tipo di immaginario conferirgli. La fera è temibile e letale, il delfino dolce e giocoso.
Chi ha ragione? I dotti dell’impero o il popolo che non conosce i termini ma fa le spese della sciagura? “Voi sapete le palore, noi sappiamo le cose” risponde uno dei pescatori, a chi gli dice che non ci sono fere, perché quest’altra lingua, il siciliano, non esiste. Invece esiste eccome, e per un’ora circa ne sentiamo riecheggiare addosso tutta la straordinaria concretezza e capacità di evocare. Una riflessione interessante su come le parole e le lingue non siano meri strumenti ma cambino, di fatto, la nostra capacità di percepire il mondo. Le parole che usiamo costruiscono la nostra realtà. Non è solo il mondo a informare noi, ma noi stessi a metterlo in forma, a seconda dei nomi che gli attribuiamo. Così, sarebbe bene stare attenti a usare solo parole di cui si conosce bene il significato, è nell’ambito della manipolazione del senso che si muove il potere e la capacità di dominare le masse.
Ogni giorno disegniamo col pensiero quello che sarà il nostro destino, rendendoci artefici sia della nostra fortuna che del nostro declino. Possiamo accettare passivamente il senso datoci o crearne del nuovo. La nascita o la morte sono già incisi nel modo di esprimersi di un popolo, che filtrato attraverso gli occhi di D’Arrigo diventa massimo dipinto allegorico di dolori, vittorie, grida, mescolando la realtà alla fantasia del sogno in un’opera unica nel suo genere.
Resort
Francesco Giostra Reitano, proprietario della Tenuta Capo Rasocolmo e professionista di marketing e comunicazione, è consapevole dell’importanza della parola. Gli spettacoli di Promontorio Nord sono proposti insieme a una degustazione di vini del territorio e prodotti artigianali. Un’esperienza che passa anche attraverso il racconto, la storia del vino, le origini dei cibi. Un accostarsi di termini che rendono più magica la degustazione. Un’esperienza fatta di parole, colori, suoni, odori, sguardi, gusti, che fa scoprire un territorio di percezione diversa e più ricca, per tornare a casa con ancora il sapore addosso e con qualcosa di cui parlare e condividere.
Storie
Siamo storie che parlano a storie di altre storie. Alcune ripetute a pappagallo, altre che hanno trovato il tempo di fermarsi ad ascoltare, se queste nostre esistenze siano originali o solo inganni. Per riscriversi secondo nuovi canoni. L’archetipo e il mito parlano attraverso la nostra carne, e basta un po’ di autocoscienza e amore per scoperchiare il barattolo dell’esistenza e farne fuoriuscire quella passione trascinante che pulsa, sul fondo di ognuno di noi, come gli occhi di una fera sommersa, pronta a sbranare. O a giocare.
Prossimo spettacolo: http://www.tenutarasocolmo.com/eventi/promontorio-nord-spettacoli-allimbrunirecontrada-acquaviola-n.1con-antonio-alveario-e-simone-corso-19