Di Caterina Mortillaro
L’India un paese complesso. Più complesso di quanto possiamo immaginare. E questo lo spirito che troviamo nella serie TV, comparsa su Amazon Prime Video, “Made in Heaven”. Prodotta da Excel Entertainment (2019), ha per protagonisti Tara (Sobhita Dhulipala) e Karan (Arjun Mathur), due wedding planner a Delhi, proprietari dell’agenzia che dà il titolo alla serie: “Made in Heaven”. Gli episodi, quindi, vedono intrecciarsi le vite private di tara e Karan con quelle dei loro clienti e dei loro matrimoni. Considerata la centralità delle nozze nella cultura indiana, quello che potrebbe sembrare un pretesto banale e leggero si trasforma nell’occasione ideale per offrire ad ogni puntata un’angolazione differente del variegato mondo del subcontinente.
L’India che non ti aspetti
Per chi abituato a un’immagine dell’India come un paese povero e arretrato, dominato da un rigido moralismo, sarà interessante constatare come invece, soprattutto nelle grandi metropoli, vivano persone dai comportamenti degli stili di vita molto diversi. Per lo più la serie è ambientata nel mondo dei ricchi uomini d’affari, amanti della moda e della cultura occidentale. Costoro, pur animati da un sano scetticismo e da una mentalità orientata al business, non disdegnano di mettere in campo le loro risorse per dare vita a grandiosi e chiassosi matrimoni tradizionali. Tuttavia ci sono anche incursioni nel mondo parallelo dei poveri. In particolare, il personaggio di Jazz, un’impiegata dell’agenzia, rappresenta la fascia di popolazione oppressa da endemici problemi economici, dal degrado, da dipendenze e da superstizioni. Ma, al tempo stesso, desiderosa di elevarsi al di sopra del proprio status, prendendo ad ispirazione il jet set e i divi di Bollywood.
Ogni episodio, inoltre, offre l’occasione per trattare argomenti solitamente ignorati dai film commerciali. Abbiamo quindi ragazze giovanissime date in spose con matrimoni combinati che, il giorno delle nozze, affogano nell’alcol il senso di colpa per la notte di sesso trascorsa con un affascinante divo del cinema. Abbiamo genitori che sguinzagliano investigatori che scavino nel passato della futura nuora e cercano di mandare a monte il matrimonio, quando scoprono che la ragazza anni prima ha praticato un aborto. Due fidanzati moderni, laureati all’estero, si trovano costretti da un astrologo ingaggiato dalle famiglie a compiere un rito matrimoniale propiziatorio fra la futura sposa e un albero. Una giovane donna scopre con orrore il giorno delle nozze che il fidanzato e i suoceri hanno preteso un’ingente somma come dote, in spregio alle leggi. Un uomo, residente in America, dice un concorso per scegliersi una moglie, facendo leva sul disperato bisogno di queste povere ragazze di fuggire dall’ambiente ristretto della provincia verso il sogno di una vita migliore negli Stati Uniti.
Senza falsi pudori
La serie mette in scena senza falsi pudori personaggi che fanno uso di droghe e alcol. Si parla di divorzio, genitori single, violenza domestica e tradimento. Contrariamente al classico cinema di Bollywood, è presente il sesso, anche omosessuale. Karan, infatti, è gay e conduce una vita privata piuttosto disinvolta. Osteggiato dalla madre, che quando era ragazzo gli ha rotto un braccio dopo avere scoperto le sue inclinazioni, da adulto deve subire la prigionia proprio perché omosessuale.
Anche il linguaggio è spesso esplicito, con uso di turpiloquio.
“Made in Heaven”, quindi, pur essendo godibilissima, si presenta come una serie dai forti risvolti antropologici. Che si oppone a una visione semplicistica, obsoleta e orientalista, in cui l’India è alternativamente o il paese di Madre Teresa o quello degli ashram per occidentali in cerca di se stessi. E che dimostra quanto sia parziale l’idea secondo cui l’India “autentica” si trova solo nelle bettole con gli scarafaggi, negli slum, nelle manifestazioni religiose e nei mantra recitati a mezza bocca dai praticanti di yoga di tutto il mondo. C’è anche questo, ma non solo. E “Made in Heaven” lo dimostra ampiamente.
Unico ostacolo potrebbe essere l’assenza di doppiaggio in italiano, ma sono presenti sottotitoli, che, oltretutto, permettono di cogliere il continuo mescolarsi di hindi e inglese utilizzato dai personaggi a seconda del loro intento comunicativo e dello strato sociale.
Consigliatissima a chi ne ha abbastanza delle serie TV tutte uguali made in USA e vuole ampliare i propri orizzonti.
Su Prime Video.