Di Giuseppe Bellina
Segantini a Sankt Moritz. In attesa della riapertura della Casa-Museo di Segantini, attualmente in ristrutturazione, le tele e i suoi disegni qui raccolti sono stati smistati altrove fornendo materiale per tre mostre ancora in corso.
Una mostra è stata allestita a Stampa, in Val Bregaglia, nel Museo Ciasa Granda fino al 20 Ottobre; un’altra a Sankt Moritz, nell’area termale murezzana, al Forum Paracelsius; infine l’ultima al Museo d’arte della Svizzera italiana, il MASI di Lugano. La Casa-Museo di Segantini riaprirà nuovamente il 20 Dicembre.
Una vita sprezzante delle regole e la passione per l’arte
Segantini nasce ad Arco di Trento nel 1858. Allora il Trentino faceva parte del Tirolo, che era assoggettato all’Impero Asburgico. L’artista proviene da una famiglia povera di cultura italiana. Viene mandato dal padre a Milano nel 1865, da familiari. Qui sensibilità e curiosità si abbinano a una vita raminga, da strada, sprezzante delle regole del tempo. Viene arrestato e spedito in orfanotrofio fino al 1873. Quando esce dall’istituto, decide di frequentare l’Accademia di Belle Arti di Brera, in modo da dare seguito alla sua sensibilità e propensione per l’ arte.
Cittadino austriaco a tutti gli effetti, in quanto nato ad Arco, son si presenta alla chiamata del servizio di leva. Di conseguenza è considerato disertore e non può più fare ritorno nei luoghi di origine pena l’arresto. Nel frattempo apre un suo atelier a Milano, perfeziona la sua arte e sperimenta nuove strade espressive.
Si trasferisce poi in Engadina, prima a Maloja e in seguito a Sankt Moritz. La valle e i monti diventano la sua seconda patria dopo il Trentino. Non si muove più’ dai Grigioni, lavorando assiduamente anche per il bene della valle.
La mostra di Segantini a Sankt Moritz: l’evoluzione dell’artista
La mostra di Sankt Moritz presenta un ottimo allestimento. In Engadina avviene la definitiva maturazione dell’artista, che abbandona la pittura accademica cercando una nuova strada, personale e originale allo stesso tempo. Segantini fu uno dei primi artisti italiani ad aprire la strada al Divisionismo, usando tecniche nuove nella stesura del colore: basta con la tavolozza, la materia viene fissata pura sulla superficie sotto forma di filamento, come fosse un ago di pino, formando, ad opera finita, un’immagine ad oscillazione concentrica.
Gli autoritratti di Segantini
Nella prima sala possiamo ammirare l’autoritratto dell’età giovanile, quando Segantini aveva 24 anni. Il viso, illuminato frontalmente e posto simmetricamente al centro della tela, ha un aspetto per certi versi demoniaco. I contorni sono poco definiti, sfumano nell’oscurità del fondo della tela. Si nota solo il volto, agghiacciato e agghiacciante.
È come se l’artista, alla ricerca di se stesso, del suo Io, sondi l’insondabile, che di riflesso gli rimanda in superficie un viso che rappresenta il male e la morte allo stesso tempo. Alla base sinistra del collo, in corrispondenza della carotide compare una mano armata di spada che tenta di recidere l’arteria o il capo dell’uomo ritratto. Una scena simbolica simile alla decapitazione di Oloferne del Caravaggio. Decapitazione o castrazione?
Il secondo autoritratto, del 1895, ricompone il viso dopo la nemesi subita nella ricerca di se stesso. Il viso dell’uomo appare composto, sofferente, maturo, pare abbia sconfitto il male e sia pure mesto è un uomo ormai equilibrato. La sua figura ed espressione sono simili ad alcune rappresentazioni del volto del Cristo.
Dal Verismo al Divisionismo
Le opere che si susseguono nella seconda sala sono legate alla gioventù e alla maturità dell’artista e spaziano dal Verismo, al Naturalismo, al Simbolismo e al Divisionismo. Si nota l’evoluzione della tecnica pittorica fermo restando che i soggetti non mutano. È forse questo il limite dell’artista, non ha saputo proporre nell’innovazione un soggetto nuovo, ma bisogna riconoscere che Segantini è Segantini proprio per i soggetti che ritrae e non solo per la tecnica.
Il Trittico delle Alpi di Segantini
La terza e ultima sala raccoglie idealmente l’autorealizzazione dell’uomo e dell’artista, del suo credo e del suo pensiero. Troviamo esposti qui i disegni preparatori dell’opera “Il trittico delle Alpi”. Banchieri, politici e albergatori della Val Engadina avevano commissionato a Segantini un’opera che doveva servire come “cartellone pubblicitario” all’Esposizione Universale di Parigi del 1900. Il suo scopo era incentivare il turismo mostrando le bellezze dei luoghi.
L’opera pensata dall’artista doveva essere lunga 220 metri, ma risultò troppo ambiziosa e troppo costosa. Segantini, allora, immaginò una nuova opera di dimensioni più ridotte: si tratta del “Trittico delle Alpi”. Ciò nonostante, non fu esposta all’Esposizione Universale di Parigi, ma a Milano. Segantini morì nel 1899 e purtroppo non poté partecipare alla mostra.
“Il trittico delle Alpi” resta in ogni caso il testamento artistico e umano del Maestro Segantini.
La mostra, sia pur di dimensioni ridotte (andrebbe completata con le visite alle mostre allestite a Stampa e a Lugano), è valida. Traccia un arco completo della vita dell’artista sia sotto l’aspetto umano che pittorico.
Da vedere.
Informazioni: https://www.segantini-museum.ch/en/info-amp-services/italiano.html?lang=2#