Di Caterina Mortillaro
“Arcipelago delle passioni”è il volume di filosofia delle emozioni presentato al Teatro Franco Parenti domenica 6 ottobre per Milanesiana d’autunno 2019. Il libro è firmato da Robert Maggiori, professore di filosofia e critico per Libération e da Charlotte Casiraghi, laureata alla Sorbonne e presidente di Les Rencontres Philosophiques de Monaco. La sua impostazione, pur rigorosamente scientifica, risponde al bisogno di trovare un linguaggio adeguato per parlare di emozioni. Come ha fatto notare Elisabetta Sgarbi, ideatrice e organizzatrice di Milanesiana, esse sono strettamente collegate tra loro, proprio come le isole fanno parte di un arcipelago. Inoltre, hanno bisogno di racconti che agiscano come una sonda sensibilissima, capace di penetrare nel profondo mare che le collega.
Passioni in musica
Ad aprire la serata, dopo i saluti di rito da parte di Andrée Ruth Shammah e di Elisabetta Sgarbi, ci ha introdotti nell’atmosfera la musica di Bach. I brani “Adagio dalla prima sonata” e “Giga dalla terza partita” sono stati eseguiti da un giovanissimo quanto talentuoso violinista: Leonardo Mazzarotto, classe 1998. Dotato fin da bambino di una grande sensibilità artistica e musicale, ha fatto parte dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia e frequenta oggi il Conservatorio di Roma. Il grande pubblico, tuttavia, lo ricorda di certo per il suo ruolo nella fiction “la Compagnia del Cigno” di Ivan Cotroneo, trasmessa da Rai1.
Quale migliore modo per condurci nell’arcipelago delle emozioni?
Dalla dolcezza alla maldicenza: un arcipelago di passioni
A questa che potremmo definire un’ouverture musicale, è seguito un momento in cui si sono alternati Charlotte Casiraghi e Robert Maggiori, che hanno letto alcuni brani del libro.
La prima lettura riguardava la dolcezza e si è aperta, significativamente, con una citazione di Paul Éluard: “la curva dei tuoi occhi gira intorno al mio cuore, / un girotondo di danza e dolcezza”. Quindi Charlotte Casiraghi ha approfondito il concetto di dolcezza partendo dal suo significato legato al gusto. Immediato è stato in me il rimando ai rasa indiani, letteralmente i “gusti”, termine, però, che indica anche le varie gradazioni di emozioni. Attraverso immagini evocative come quella del tocco rasserenante, dell’abbraccio, della lentezza, dell’infanzia fiduciosa e innocente, si giunge alla considerazione per cui “essere dolci comporta il saper coesistere con il mistero e l’oscurità, con l’essere consci della nostra fragilità, il saper frenare la tentazione di dominare il mondo”.
Più “pepata” la lettura di Maggiori, che ha affrontato il tema ben più doloroso e difficile della maldicenza. La maldicenza, compagna della calunnia e della delazione, è un crimine che non uccide se non lentamente, “a fuoco lento”, non distruggendo altro che il nome o la reputazione. Ecco perché il maldicente non è mai raffigurato in armi, in battaglia. La maldicenza è infatti “un crimine senza criminale”, perché è attraverso la fitta rete di relazioni, come nel gioco del telefono senza fili, che si compie.
Discutendo di filosofia a partire dalle passioni
Ne è seguita un’interessante discussione con gli autori, condotta da Massimo Gramellini e Silvia Truzzi. Innanzi tutto si è parlato del progetto rivoluzionario di Charlotte Casiraghi di introdurre lo studio della filosofia fin dalla primaria. Noi, fa notare l’autrice, non nasciamo umani, ma diventiamo umani. La filosofia ci aiuta in questo percorso di umanizzazione, per così dire, che parte dall’infanzia. Il bambino, infatti, è pieno di interrogativi sul senso della vita, del mondo, delle cose. Domande alle quali può rispondere la riflessione filosofica.
Altro interessante argomento, trattato da Charlotte Casiraghi, è stato quello dell’angoscia, che non è necessariamente un’emozione negativa. Essa ci invia un segnale, ci dice che c’è un conflitto dentro di noi. Sta all’individuo cercarne le origini e decidere come affrontarlo, ma, così facendo, opera una metamorfosi.
Maggiori ha accostato l’angoscia alla paura, definendola “il prologo del coraggio”, perché è solo davanti alla paura che scopriamo veramente chi siamo.
Doxa contro sapere: un problema antropologico del nostro tempo
La parte più interessante, antropologicamente parlando, è stata l’ultima, nella quale Robert Maggiori ha affrontato il tema dei social network, della reputazione digitale e, senza mai nominarlo, del mondo oscuro delle fake news e del complottismo. Ha ricordato che la doxa, ossia l’opinione, è stata da sempre ritenuta la nemica della filosofia. L’opinione, infatti, non è soggetta al rigore scientifico. Non è né vera né falsa. Per questa sua natura, non può essere confutata.
Come non evocare le parole di Umberto Eco? «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».
Ben diverso è il sapere, che poggia su solide basi scientifiche. Per questo motivo Robert Maggiori ha ricordato che ottocento opinioni non fanno un solo sapere. Una considerazione che dovrebbe far riflettere sulla “rivoluzione antropologica” (così l’ha definita il professore) in corso.
La soluzione? Entrambi gli autori propongono di tagliare con i social, di liberarsene, di ignorare le opinioni delle moltitudini. Di usare, tutt’al più, i social media per diffondere il sapere. Ne saremo capaci? O è troppo tardi?
Per una panoramica sui prossimi appuntamenti: www.lamilanesiana.eu