Di Caterina Mortillaro
Il 25 settembre è stata inaugurata al Palazzo Reale di Milano la grande mostra su Giorgio de Chirico (Volos, 1888 – Roma, 1978) che proseguirà fino al 19 gennaio 2020. L’iniziativa s’inserisce nelle celebrazioni internazionali dedicate a uno dei più geniali e controversi protagonisti dell’arte del ventesimo secolo.
L’esposizione è molto ricca: troviamo opere provenienti dai principali musei internazionali. Filo conduttore è il rapporto del pittore con la classicità attraverso una scelta di quadri che non si riferiscono solo alla maturità dell’artista, ma mirano a esaltarne la qualità della pittura in tutte le fasi della sua produzione.
La Grecia, infatti, dove de Chirico visse fino ai diciotto anni, rimase sempre nei suoi ricordi, fonte di un’acuta nostalgia. In quest’ottica, il mito greco è uno stato d’animo che riporta l’artista all’infanzia.
De Chirico, artista errante
Il costante errare è uno dei temi principali della poetica di de Chirico. Le numerose esperienze di sradicamento (visse a Volos, Atene, Milano, Firenze, Ferrara, Parigi, Monaco, New York, Roma) gli permise di riconoscersi nell’intera civiltà mediterranea.
Non a caso ricorrono nei suoi quadri il treno silenzioso e la nave. Il primo è un tributo al padre, ingegnere ferroviario, ma è anche simbolo del movimento costante che caratterizzò la vita di de Chirico. Quanto alla nave e alla vela potrebbero essere considerate alla stregua di una firma.
I miti greci come autobiografia
I miti greci diventano episodi autobiografici nell’arte di de Chirico. Passato e presente, filosofia e vita si condensano in segni che assumono una molteplicità di significati.
Un esempio particolarmente significativo è La partenza degli Argonauti, un tema più volte ripreso. Nel quadro del 1909 il pittore raffigura se stesso e il fratello Andrea sotto i sembianti di Castore e Polluce che si accingono a lasciare la Grecia sotto l’egida di Atena.
La Grecia nei quadri di de Chirico
ll legame con la Grecia emerge in molti soggetti. Un esempio sono le figure romane come la Pudicizia o la Musa pensosa. Frequente è la figura del centauro, emblema, come è noto, della doppia natura in cui l’uomo si dibatte. Ma si possono riscontrare anche in dettagli all’apparenza marginali, come una colonna spezzata in un angolo.
L’eredità greca sembra emergere con particolare forza nella Stanza di Apollo. Anche qui assistiamo a una commistione di elementi: l’ambiente è moderno, estremamente lineare, ma sullo sfondo ci sono antiche arcate e figure che si possono forse identificare con muse dai volti anonimi. In primo piano la testa scolpita di Apollo.
L’incontro tra passato e presente nella pittura metafisica di de Chirico
L’incontro tra passato e presente s’incarna, per così dire, nella serie degli Archeologi. Dentro i loro corpi, nel loro petto s’intrecciano e si sovrappongono templi, acquedotti, edifici, colonne, statue. Gli Archeologi, infatti, sono coloro che scoprono il passato e lo riportano al presente, che indagano le profondità metafisiche della nostra storia, cultura e società.
Un esplicito riferimento alla classicità è il quadro intitolato Ettore e Andromaca, dove de Chirico propone il momento della separazione tra gli sposi prima che Ettore vada incontro al proprio destino di morte. Ettore e Andromaca vengono raffigurati come due manichini o, se si preferisce, due automi, un motivo carissimo all’artista.
Altro quadro famosissimo che è possibile ammirare alla mostra del Palazzo Reale è Le muse inquietanti. In quest’opera sono presenti tutti gli elementi che caratterizzano la pittura metafisica di de Chirico: la piazza, l’alta torre, il treno silenzioso sullo sfondo, persino il bastoncino di zucchero che allude all’infanzia, la fabbrica, gli archi del castello di Ferrara. I manichini, poi, rappresentano una citazione classica, con il panneggio delle loro vesti che finiscono per somigliare alle scanalature di una colonna greca. La loro immobilità, secondo alcune interpretazioni, simboleggia l’opposizione dell’artista al Futurismo, che esaltava il movimento e il rifiuto della storia.
Nietzsche e de Chirico: l’arte come forma di conoscenza
Ancora una volta, dunque, assistiamo al tentativo di creare un ponte tra passato e presente che vada oltre l’apparenza per svelare i significati nascosti e profondi della realtà. Ogni oggetto è simbolo e l’arte è un’intuizione inspiegabile. Come affermava Nietzsche nella Gaia scienza, riferimento filosofico imprescindibile per de Chirico, gli artisti e i poeti sono depositari di un sapere intuitivo che è diverso dalla cultura accademica e che si configura come unica forma possibile di scienza.
Per informazioni, prenotazioni e biglietteria: https://www.palazzorealemilano.it/mostre/de-chirico