Di Giuseppe Bellina
Il MIC-Museo interattivo del Cinema di Milano, in collaborazione con Festival Cinema Ambiente e Friday For Future Milano, all’interno della rassegna Cinema is the Future, propone il film documentario Global Thermostat di Artur Rifflet (Francia, 2018, 52’, versione originale con sottotitoli in italiano).
L’ultima proiezione del film (le altre sono state proposte il 15 e 16) è in programma nella giornata del 22 novembre 2019, sempre al MIC di Milano.
Il film e’ stato presentato al Festival Cinema Ambiente di Torino nel 2018, per l’attualità degli argomenti (vedi i disastri di Venezia, Matera, Giakarta, New Orleans) e dei problemi affrontati.
La correzione del clima: dagli accordi di Parigi alle proposte degli scienziati
Il documentario inizia col rammentarci gli accordi di Parigi sottoscritti da 195 paesi per la riduzione dei gas serra. L’iniziativa, nota come COP 21, stabilisce che gli accordi dovranno essere operativi dal 2020.
Quindi affronta la difficile e complessa problematica della correzione del clima, attraverso scelte dibattute da scienziati di geoingegneria di numerose università sparse nel mondo.
I nodi della questione, senza molti preamboli, vengono immediatamente affrontati fin dall’inizio del filmato. Gli scienziati quantificano il rischio che il pianeta Terra corre, se nei prossimi anni non saremo in grado di ridurre l’emissione dei gas serra nell’ambiente. Come molti sanno, sono loro i principali responsabili dell’aumento della temperatura, che potrebbe innalzarsi di circa 4°C. e dar luogo a fenomeni distruttivi su tutta la superficie del globo.
Come scongiurare il disastro?
Negli ultimi cento anni, il clima è cambiato a causa dell’innalzamento della temperatura di circa 1,5° C. Le combustioni atte a produrre energia, calore, vapore e movimento hanno provocato la liberazione di CO2 e, di conseguenza, il climate change, con gli effetti che tutti noi oggi conosciamo: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello del mare, scomparsa di tratti di costa, fenomeni atmosferici estremi, siccità, bombe d’acqua, uragani e trombe d’aria distruttivi.
Per questo, spiegano gli scienziati, si sta cercando di ridurre l’immissione nell’atmosfera dei gas serra e inoltre di catturarne la più alta quantità possibile. Questo procedimento di cattura dell’anidride carbonica dispersa nell’ambiente verrebbe eseguito da particolari macchinari dotati di speciali filtri in aspirazione oppure da piante artificiali anch’esse dotate di filtri atti a depurare l’aria circostante attraverso complicati processi chimici di adsorbimento.
Il problema più rilevante relativo a queste tecniche di adsorbimento non è tanto il funzionamento dei macchinari, ma il numero di apparecchiature necessario perché l’azione sia efficace e lo smaltimento dei filtri. Quindi, ancora una volta, è lo smaltimento del rifiuto che blocca in parte la realizzazione del progetto scientifico.
Un sistema di stoccaggio della CO2 per fermare i cambiamenti climatici
Alcuni tecnici, operanti in impianti del Nord Europa, ci descrivono un’ulteriore possibile soluzione al problema: un’innovativa tecnica di stoccaggio della CO2. Attraverso svariati procedimenti è possibile iniettare alla profondità di centinaia di metri sotto la superficie terrestre l’anidride carbonica catturata nell’aria. Ciò avverrebbe attraverso una tubatura che dovrebbe scendere sotto il terreno finché non incontra strati di particolari rocce idonee all’assorbimento definitivo della CO2, che verrebbe così stoccata in eterno, senza possibilità di risalita in superficie. Ciò è possibile grazie a una reazione chimica con le sostanze di cui è composta la roccia, che in questo modo trattiene e ingloba l’inquinante.
Il limite di questa innovativa tecnica è il reperimento delle aree idonee per lo stoccaggio di CO2. Questa particolare roccia, infatti, non è presente su tutto il pianeta. Inoltre, non è pensabile, per i costi e per le difficoltà oggettive, trasportare attraverso una rete di piping la CO2 nelle aree adatte.
Altra possibilità in studio è la creazione in laboratorio di un microorganismo che, posto in particolari condizioni, si comporti alla stregua di un macrofago, fagocitando la circostante anidride carbonica ed eliminandola definitivamente.
Sbiancare le nuvole per raffreddare il pianeta
Su un altro versante della ricerca, alcuni scienziati di chiara fama nei loro rispettivi settori ritengono che a tutt’oggi l’unica soluzione pianificabile e praticabile su tutta la superficie del globo terrestre, sia quella di deflettere i raggi solari diretti sulla superficie terracquea in modo che la temperatura del globo diminuisca. Questa tecnica viene definita come “Riduzione della T° per mezzo dello sbiancamento delle nuvole”.
Questo nuovo procedimento, realizzabile in mare aperto tramite appositi nebulizzatori, è stato studiato dai ricercatori del Carnegie Institution Department of Global Ecology e dell’Indian Institute of Science. In sostanza, ci spiegano gli scienziati, se riusciamo a produrre, nebulizzando acqua marina salata, delle minutissime goccioline di H2O simili a quelle di un aerosol e a “spararle” in cielo come fanno i cannoni sparaneve delle piste da sci, si produrrebbero grandi masse di nuvole biancastre che sarebbero in grado di deflettere i raggi solari verso lo spazio, con diminuzione della temperatura media del globo.
A detta degli scienziati che si occupano del progetto questa è l’unica vera ed efficace soluzione al problema, fattibile su tutta la superficie della Terra.
Una soluzione molto rischiosa
Purtroppo anche questo sistema nasconde un grosso rischio, che gli stessi ricercatori non nascondono. I costi dell’iniziativa sono elevati, quindi potranno farsene carico solo i paesi ricchi del Nord del Mondo. Non sarebbe invece alla portata dei paesi poveri.
Un’iniziativa del genere, però, perché sia efficace e non vada incontro al fallimento, deve partire unitariamente e contemporaneamente in tutto il mondo con un accordo internazionale preliminare e una ratifica finale. Se in alcune aree del pianeta non verrà messa in atto la procedura, potrebbero verificarsi degli effetti rebound sul clima molto gravi, tanto da rendere inutile l’intervento o addirittura peggiorare la situazione climatica rispetto ai parametri di partenza. Le conseguenze sarebbero inimmaginabili: innalzamento della T°, forti turbolenze dei flussi ventosi, fenomeni atmosferici estremi, impossibilità della navigazione aerea e navale.
Una responsabilità per i paesi ricchi
Il filmato ci mette di fronte a tutte le soluzioni finora studiate, i tempi che mancherebbero al tracollo del pianeta e alla scomparsa delle forme di vita presenti, i costi dei progetti e i rischi. Il messaggio che Friday For Future Milano lancia è il seguente: i paesi ricchi dovranno sopperire alle carenze economiche dei paesi poveri affrontando i costi del progetto. Tanto più che questi paesi hanno inquinato di più con il loro modello produttivo. Si tratta di un principio di giustizia climatica e sociale. Il futuro è nelle nostre mani e nelle nostre casse. Spetta a noi agire con intelligenza e civiltà per il bene di tutti.
Il docu è ben calibrato, comprensibile, divulgativo. Sarebbe auspicabile che venisse proiettato in vari circuiti cinematografici: cineclub, sale d’essai, scuole e università.
Per ulteriori informazioni sul programma del festival: https://www.cinetecamilano.it/film/global-thermostat-mic19