Di Caterina Mortillaro
Cerco un nuovo frullatore su Amazon. Il mio è defunto e voglio qualcosa di solido, efficiente e poco costoso. Perché Amazon? Perché mi offre ampia scelta, prezzi concorrenziali, un’ottima politica dei resi, consegna a casa molto spesso gratuita. E recensioni.
Le recensioni sono fondamentali. Un filtro mi consente di eliminare i prodotti al di sotto di 4 stelle. Così, mi dico, potrò trovare il frullatore più amato, più valido.
Poi guardo nel dettaglio che cosa hanno scritto coloro che hanno comprato il frullatore prima di me.
Wow, 300 hanno dato 5 stellette! E decantano quanto sia veloce, silenzioso, potente. Poi ci sono gli eterni scontenti, il popolo della stella solitaria. Alcuni se la prendono con l’odore di plastica, altri col colore del coperchio, altri con la scatola d’imballaggio ammaccata. A un paio è arrivato rotto. E poi… E poi c’è un gruppetto che spiega quanto sia fragile, lento,rumoroso e fiacco.
Com’è possibile? È pur vero che il relativismo impera, che le percezioni di ognuno sono diverse, ma cavolo, com’è possibile?
Semplice! C’è sotto la GRANDE TRUFFA.
Il mondo delle fake reviews
Facciamo un passo indietro. Come autrice, ho sentito dire da molti che c’è un commercio di recensioni di libri su Amazon. Si dice che le grandi case editrici ne comprino a valanghe e che i piccoli autori indipendenti se ne procurino il numero sufficiente a mettere in buona luce le loro opere. C’è infatti una relazione tra ciò che l’algoritmo mostra e il numero di reviews.
La cosa, come è ovvio, mi ha sempre incuriosita, ma non ho trovato mai un sito o una app che fornisse questo servizio. Mi sono solo imbattuta in una specie di influencer della domenica che voleva 100 euro per farsi un selfie con Devaloka, il mio ultimo libro. Così avevo deciso di lasciar perdere l’indagine.
Poi, però, un’amica, riferendosi a oggetti di IT, mi ha detto: “Non leggo mai le recensioni a cinque stelle dei prodotti perché sono false.”
“False? Come sarebbe a dire? Come fanno?”
Risposta lapidaria: “Ci sono gruppi Facebook apposta.”
Facebook e la grande truffa
Eh già, Facebook, il grande calderone in cui ribolle di tutto, dall’arte, alla religione, ai gruppi di satanisti, alle pagine di propaganda elettorale e chi più ne ha più ne metta. Come avevo fatto a non pensarci? Beh, sono bastate tre parole “reviews Amazon italy” e sono comparsi ben 48 gruppi, per lo più privati, in cui si possono vendere e comprare recensioni solo in Italia.
Molti si celano dietro un’offerta allettante: “Prodotti gratis su Amazon”.
A questi si aggiungono i gruppi “black list” per segnalare venditori e acquirenti che non hanno rispettato i patti.
Incuriosita, ho tentato di iscrivermi a uno. La prima schermata di solito ti chiede di dichiarare se sei “seller” o “buyer”. Ho selezionato “seller” e non ho ottenuto l’accesso (segno che i propietari non vogliono concorrenti). Così ho riprovato, come buyer su un altro gruppo e mi si è spalancato il mondo della grande truffa.
Come funziona la truffa ad Amazon
Come funziona? Semplice. Venditori, per la stragrande maggioranza asiatici, postano foto e descrizione breve di uno o più oggetti. Sotto aggiungono la loro “offerta”: “reimbursement after review”, “reimbursement + Paypal expenses” e, talora, in aggiunta, una cifra che va dai 5 ai 10 euro. Queste indicazioni sono seguite da un immancabile “private message”.
Bene. Ho provato a scegliere un prodotto piccolo e poco costoso (una sveglia digitale). Ho scritto alla venditrice (dal nome asiatico) in privato e le ho chiesto come funzionava.
Il primo step è inviare il link al proprio profilo Amazon. Poi ti viene indicato il link del prodotto. Lo compri a tue spese e scrivi la recensione. A quel punto invii il link della recensione al seller che può agire in due modi: il primo è un rimborso tramite Paypal, l’altro è il rimborso tramite buono acquisto Amazon (anche se mi è parso di capire che non piace ai buyer).
Quanto viene rimborsato? Come scritto nel post, il solo costo dell’oggetto, il rimborso con le spese di gestione di Paypal oppure il costo e una cifra tra i 5 e i 10 euro.
E se non ti rimborsano? Restituisci il prodotto entro 30 giorni.
Una truffa a più dimensioni
Si tratta di una truffa colossale, a più dimensioni. E molto pericolosa. Vediamo perché.
Il recensore ritiene di avere trovato un modo furbo per avere gratis una serie di oggetti, ma così imbroglia gli altri acquirenti e dà visibilità a prodotti spesso di scarsissima qualità. Inoltre, nulla vieta al recensore di rivendere gli oggetti a basso costo in qualche negozietto. Così guadagna due volte, ma inquina il mercato. E manda in rovina l’onesto negoziante che non solo deve lottare contro Amazon, ma con l’immissione sulla piazza di frullatori o sveglie che costano molto meno dei suoi, anche quando sono identici.
Inoltre, a livello macro, produttori asiatici (ripeto, il 90% dei seller è asiatico) hanno l’occasione di farsi pubblicità scalzando i produttori occidentali che vendono a prezzi più alti e si affidano a recensioni vere.
La truffa in cifre
Qualcuno dirà: perché non lo fanno anche loro?
La domanda è lecita, ma per ricavare un reale guadagno i costi effettivi della merce devono essere molto bassi. Esempio: vendo su Amazon un paio di guanti a 10 euro, ma mi costano 1 euro. Quindi ciò che perdo rimborsando il recensore è 1 euro per ogni paio. Se ottengo 100 recensioni ho “perso” 100 euro. Ma i miei guanti sono balzati in cima alla classifica con un rate di 4 stelle come minimo (considerato che magari qualcuno degli acquirenti veri si è accorto che sono scadenti e ha deciso di dirlo).
I seller asiatici, poi, sono moltissimi e propongono centinaia di prodotti. Il volume di post sui gruppi Facebook è di alcune centinaia al giorno e quasi sempre per più oggetti. La mia impressione, però, è che un numero in realtà esiguo di produttori si “scinda” in più presunte ditte per garantirsi l’accesso ad Amazon come seller anche qualora uno dei suoi profili venisse bloccato per “concorrenza sleale”, se così si può dire.
Se il venditore italiano si propone come un marchio, non può rischiare di essere estromesso. Non ha, infatti, decine di prestanome che ripropongono le sue sveglie digitali.
Poi, può darsi che il venditore italiano non sia ancora entrato nel giro o non voglia investire. Ma anche se lo facesse, sarebbe uno contro mille molto molto agguerriti.
L’unica speranza è offrire merci uniche, particolari, di qualità. In una parola costose. O diventare un seller di oggetti asiatici, immettendosi nel grande flusso della grande truffa.
Una nuova idea di pubblicità
Perché il sistema funziona? Perché i tempi sono cambiati.
Siamo cresciuti con l’idea che la pubblicità sia l’anima del commercio. Immaginiamo che se potessimo avere spot in TV, cartelloni per le strade e paginoni su tutti i giornali, venderemmo un sacco. Questo è parzialmente vero per i grossi marchi che se lo possono permettere, ma oggi c’è un nuovo tipo di pubblicità, creata per il mondo online. La triade è composta da sponsorizzazioni, recensioni e visibilità sui social.
Con un sistema come quello descritto, gli oggetti dei seller truffaldini balzano ai primi posti per volume di vendite e rating. Così il gioco è fatto.
Un gioco che tritura nei suoi ingranaggi soprattutto il consumatore.
Il tramonto del consum-attore
Tempo fa è stata coniata la parola “consum-attore”. Implicava un coinvolgimento e una agency del consumatore tali da farlo passare da destinatario passivo e un po’ rimbambito del bombardamento pubblicitario a protagonista di scelte consapevoli, capace di dirigere il mercato. Ma il mercato è un cavallo riottoso, che può essere (forse) guidato solo da mani molto dure ed esperte.
In un mondo in cui la realtà e la finzione si sovrappongono e si scambiano, in cui ragazzini furbi guadagnano cifre astronomiche come influencer, dove ogni cosa è manipolata e manipolabile, il consum-attore è piuttosto un burattino nelle mani di migliaia di Mangiafuoco.
Che fare? Forse non leggere le recensioni a 5 stelle è una soluzione, ma parziale. Anche andare in negozio serve solo a metà. Rassegnarci? Può darsi. E navigare a vista cercando di non prendere cantonate. D’altronde, vivere con il sospetto costante di essere turlupinati non è possibile. Ne va della salute mentale. E poi si generano i mostri del complottismo, ultimo rifugio dei deboli.
Amazon: vittima o complice?
Un’altra idea potrebbe essere quella di denunciare ad Amazon la grande truffa. La tentazione di fare uno screenshot dei 48 gruppi Facebook l’ho avuta. Ma poi mi sono detta: se li ho trovati io, come mai Amazon non li vede? Non si nascondono poi così tanto. Lo so, ne chiudi uno e ne sorgono altri 10, ma si potrebbe dedicare una persona a questo lavoro: il cacciatore di recensori e seller truffaldini.
E se ad Amazon non importasse davvero? Sì, sì, in passato l’azienda ha annunciato di aver cancellato migliaia di recensioni false. Ma poi, sarà vero? Non prendetemi per complottista, sono solo scettica. La cosa è molto semplice: migliaia di persone comprano prodotti e li recensiscono e Amazon si prende le sue belle percentuali. Se la transazione truffaldina va in porto in privato, ad Amazon non interessa. Anzi: se il seller rimborsa il buyer, non ci saranno fastidiosi resi.
Una perdita di credibilità? Certo. ma quanti si pongono il problema?
Che ne dite? I miei sono vaneggiamenti di un’autrice di fantascienza o mi sono avvicinata alla verità?