Di Caterina Mortillaro
La Sicilia d’estate evoca spiagge e mare cristallino, ma basta spostarsi anche di poco nell’entroterra per imbattersi in luoghi affascinanti. Uno di questi è la cittadina di Caccamo, a 40 minuti da Palermo. Adagiata sulle pendici del monte San Calogero, sembra che risalga addirittura ai Cartaginesi. Ma, per così dire, il salto di qualità si ha nel Medioevo, quando diventa un feudo normanno e viene eretto il castello. Nel 1643 il viceré Don Giovanni Alfonso Enriquez de Cabrera le diede lo status di urbs generosissima. Purtroppo, però solo in tempi recenti è rifiorita. Ricordi familiari, infatti, legati a una zia che fu maestra laggiù tra la fine degli anni cinquanta e gli anni sessanta, ne riportano un’immagine di centro rurale assai periferico e semplice. Ora, invece, è un pittoresco borgo che deve molto proprio al castello.
Congiure e vendette
Massiccio, eretto sulla nuda roccia, incombe sulla vallata sottostante, una vera e propria fortezza che solo successivamente divenne dimora di importanti famiglie nobili locali. Gli ultimi sono stati i De Spuches, che lo hanno venduto per una cifra simbolica allo stato italiano negli anni sessanta. Potrei riferirvi gli aspetti tecnici e architettonici, come si è sviluppato a partire da una torre centrale, gli accorgimenti difensivi e molti altri dettagli, ma non voglio tediarvi, così ho pensato di parlarvi della sua storia. E soprattutto delle sue molte leggende.
Tra le sue mura sono state ordite congiure, sono stati imprigionati criminali, si sono consumati delitti, e, come in ogni castello che si rispetti, ci sono misteri.
Ma andiamo per ordine. Cominciamo con la congiura del 1160 a opera di Matteo Bonello e di alcuni baroni contro Guglielmo I detto Il Malo. Un soprannome azzeccato. Infatti, sventata la congiura, attrasse a sé il povero Matteo promettendogli il perdono, ma lo torturò, gli recise i tendini e lo accecò con monete incandescenti che recavano la sua effigie, in modo tale che il suo volto fosse l’ultima cosa che vedeva. Manco a farlo apposta, il fantasma di costui si aggira per il castello.
Misteri e fantasmi
E non è il solo ectoplasma che ama la fortezza di Caccamo! C’è anche una giovane suora. La poveretta era una nobildonna che aveva commesso il grave errore di innamorarsi di un soldato. Il padre, oltre a fare uccidere lui, aveva rinchiuso lei in un convento. Da qui era stata imprigionata nella Torre Pizzarone, che sorge vicino al castello. Nelle notti di plenilunio il suo fantasma torna ed entra attraverso un camino. Se trova un uomo nel castello, lo lega, gli dà un melograno e se lui riesce a mangiarlo senza far cadere un solo chicco, è slavo; in caso contrario lo porta con sé nella torre. Probabilmente il melograno si ricollega a Proserpina, la regina degli inferi, di cui era il frutto.
Considerati gli efferati delitti commessi tra le spesse mura della rocca, temo che questi on siano gli unici due spettri. C’è una stanza, infatti, in cui si trova un altare con un inginocchiatoio. Gli ospiti indesiderati venivano invitati a pregare. Si apriva quindi sotto di loro una botola che li faceva precipitare in un pozzo le cui parerti erano ricoperte di lame e cocci di vetro. Come ha detto una delle mie simpatiche guide, arrivavano sul fondo come carne macinata.
Veleni, torture e prodigi
Il padrone del castello non doveva avere molti amici, se doveva servirsi di assaggiatori di corte per scongiurare un avvelenamento. Ovviamente, se uno di questi innocenti servitori stramazzava nella sua sala da pranzo tra atroci spasmi, le pene erano severissime.
Come se ciò non bastasse, il castello era dotato di celle scavate nella roccia e per questo chiamate dammusi. La più angusta misurava un metro per un metro. Ma la cosa peggiore era venire rinchiusi nel pozzo, dove si moriva di stenti. Non oso immaginare il sole siculo che martellava sul poveretto che vi si trovava rinchiuso.
Come anche a Palazzo Steri, a Palermo, che fu il carcere dell’inquisizione, ci sono scritte e disegni sulle pareti di una cella.
Infine, i prigionieri condannati alla pena capitale, venivano impiccati su quella che ora è la terrazza del belvedere, da cui si gode la vista della diga del fiume San Lorenzo, le cui acque dissetano Palermo. Qui ci sono due graziosi archi… perfetti per le impiccagioni.
Si narra, tuttavia, di un caso di clemenza. Due prigionieri, avendo ottenuto un lenzuolo ciascuno, si buttarono proprio da questa terrazza usandolo come un paracadute ante litteram. Uno purtroppo morì, l’altro rimase illeso. Allora il signore del castello, ravvisando in questo un segno divino, lo graziò.
Una leggenda meno truculenta è quella secondo cui Don Antonio Amato sognò che nel suo giardino c’erano sepolte giare di olio miracoloso. Al risveglio ordinò ai servi di scavare e tale olio fu rinvenuto. Bastava farsi tre volte il segno della croce con le dita unte di questa medicina portentosa per guarire da ogni male. Chissà che scavando meglio non se ne trovi un altro po’: ne avremmo proprio bisogno!
Una poetessa tra le mura del castello
Permettetemi un’ultima nota storica, che non ha a che fare coi misteri ma con qualcosa cui tengo molto: l’arte delle donne. Nel castello abitò per un certo periodo Giuseppina Turrisi Colonna, moglie Don Giuseppe De Spuches. La sua particolarità è essere stata una poetessa di talento e aver trasformato il castello in un luogo di cultura, creando nella sala De Prades un teatro. Il marito, dal suo canto, faceva opera di mecenatismo e accoglieva nel suo castello artisti e poeti.
Giuseppina, che dedicò tutta la sua breve vita agli studi letterari e alla storia, cantò soprattutto la sua patria: la Sicilia.
Informazioni pratiche
Il castello è visitabile da lunedì a domenica dalle 9 alle 12.45 (ultimo ingresso) e dalle 15 alle 19.15 (ultimo ingresso). Il costo è davvero abbordabile (solo 4 euro, forse scontato a causa del Covid) e i ragazzi del servizio civile sono davvero carini e preparati. All’interno, tra l’altro, oltre alle varie sale, ci sono alcune mostre tra cui una di fossili e reperti geologici e una di armi. Se poi vi piacciono gli eventi folkloristici, c’è tutto il resoconto dell’annuale festa presieduta dalla Castellana, una giovane donna scelta sulla base della bellezza e della sua abilità comunicativa.
Per info e prenotazioni chiamare ai numeri : LUN-VEN +39 091 81 03 207 – SAB-DOM +39 091 81 49 252
Email: turismo@comune.caccamo.pa.it
http://www.caccamo.sicilia.it/orari-visita-castello
Se poi avete tempo, vi consiglio anche una passeggiata per la città. Il duomo barocco è impressionante e i vicoli hanno un fascino notevole. E poi, per chi viaggia in estate, c’è sempre un piacevole vento.
Per ulteriori informazioni sulla città: http://www.caccamo.sicilia.it/