Di Caterina Mortillaro
Continua la rassegna Oltre lo Specchio, un evento che è partito il 5 giugno e si concluderà il 12 giugno. Protagonista l’immaginario, declinato nel cinema, nella letteratura, nella saggistica di tutto il mondo.
In particolare, l’ 8 giugno al MIC – Museo Interattivo del Cinema, si sono incontrati alcuni dei nomi più significativi della letteratura fantastica in Italia per dibattere delle sue caratteristiche, della sua diffusione, ma anche delle criticità.
Il titolo della tavola rotonda delle 11 avrebbe ingolosito qualsiasi appassionato: “Distopie e fantasmagorie italiane”. Quanto ai partecipanti, possiamo ben dire che erano presenti le migliori penne del genere fantascientifico e fantasy in Italia: Lukha B. Kremo (premio Urania nonché editore Kipple), Luca Tarenzi (lo “stregone” del fantasy italiano), Dario Tonani (premio Italia, premio Europa e autore del fortunatissimo ciclo di Mondo9), Alberto Costantini (in versione virtuale, anch’egli premiato due volte al premio Urania). Il moderatore, poi, Livio Gambarini, è un esperto di fantastico nonché tutor e docente del corso di Alta Formazione Il piacere della scrittura dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
A seguire, si è svolto l’incontro dal tema “Resistono fantascienza e fantastico in Italia?” moderato da Alberto Grandi di Wired, con la partecipazione di Stefano Di Marino (autore, saggista e traduttore), Giuseppe Festino (illustratore), Mario Gazzola (autore e saggista), Giovanni Mongini (esperto di cinema fantastico), Franco Piccinini (autore), Andrea Vaccaro (editore Hypnos).
Il fantastico italiano tra potenzialità e criticità
È davvero difficile se non impossibile fare una cronaca puntuale della mattinata, tanto è stata densa di riflessioni. Per prima cosa potremmo dire che, nonostante il titolo “Distopie e fantasmagorie italiane”, il vero nocciolo della prima tavola rotonda è stato il futuro del fantastico in Italia. Idealmente, dunque, i due incontri potrebbero essere considerati come un unico grande dibattito. Tanto più che gli interventi, numerosi e articolati, da parte del pubblico hanno costituito un ulteriore filo rosso tra la prima e la seconda parte della mattinata.
Dopo l’intervento virtuale di Alberto Costantini, che ha giustamente sottolineato l’importanza della coerenza e della ricerca preliminare per scrivere, soprattutto quando si tratta di ucronia, infatti, da subito ci si è spostati su alcuni temi caldi. Perché il fantastico è un genere così di nicchia in Italia? Come mai la parola “fantascienza” suscita tanta repulsione? È opportuno imitare i modelli di successo, soprattutto stranieri? L’originalità viene premiata da editori e produttori cinematografici?
Quale futuro per il fantastico italiano?
La questione, che più volte in passato ha infiammato gli appassionati sui social, ha acceso il dibattito, cui hanno partecipato anche l’editore Silvio Sosio (Delos) e numerosi altri spettatori. Un dato interessante, su cui tutti concordavano, è che le nuove generazioni amano il fantastico, ma spesso non viene presentato loro sotto questa “etichetta”. Diverse, invece, erano le posizioni su come fare per catturare questo pubblico in un paese dove, oggettivamente, pochissimi leggono. Di certo la semplificazione accattivante di certi esempi (sono stati citati alcuni celeberrimi romanzi YA, soprattutto di ambientazione distopica) potrebbe essere una soluzione, ma potrebbe allontanare lettori dal palato più raffinato, abituati a opere di maggiore spessore.
Un altro problema, evidenziato da Tarenzi, riguarda il fatto che l’Italia è visibilmente “in ritardo” rispetto al resto del mondo: mentre all’estero c’è un ritorno al passato con l’occhio nostalgico di chi ha attraversato numerose nuove fasi, da noi si è fermi a quel passato, soprattutto quello degli anni ottanta. Ciò ingenera una mancanza di proposte davvero nuove e fresche, oltre a una incapacità di rispondere alle esigenze dei nuovi lettori, che finiscono per rivolgersi ad autori stranieri.
Tuttavia bisogna ammettere che, per quanto concerne le sperimentazioni, si registra da un lato una scarsa propensione al rischio da parte di editori e registi, dall’altro una cronica mancanza di fondi. Ciò ha penalizzato moltissimo il genere in Italia. Maggiori investimenti e la scelta di attori più capaci avrebbero potuto fare decollare, ad esempio, il cinema fantastico nostrano, considerato che spesso professionisti italiani sono alla base di successi stranieri.
Peraltro, ormai, nell’immaginario, il fantastico e innanzi tutto la fantascienza sono percepiti come generi spiccatamente anglosassoni e più precisamente americani, sebbene da più parti sia stato sottolineato come siano nati in Europa. L’Italia, poi, sembra sia stata segnata dal neorealismo al punto tale che tutto ciò che afferisce all’immaginario viene percepito come “alieno”, nel senso di estraneo quando non repellente. Non è stata toccata la questione relativa alla dignità negata alla letteratura e al cinema cosiddetti di “genere”, ma comprenderete che era sottesa a tutte queste riflessioni.
In passato, per vincere la diffidenza verso il fantastico italiano, alcuni autori hanno adottato pseudonimi stranieri e ambientato i loro libri negli Stati Uniti. Oggi si tende a non nascondersi più e ci sono anche tentativi di sfatare il mito secondo cui un UFO “non può atterrare a Lucca”, come diceva Carlo Fruttero. Se da un lato, tuttavia, come osservava Costantini, l’irrompere del fantastico in un contesto ordinario, come la provincia italiana, può essere una scelta vincente, bisogna evitare che si cada nel farsesco e nella commedia all’italiana, con personaggi improbabili.
La soluzione quindi, sembra di capire, è produrre libri e film di qualità, ma con un occhio al mercato. E con tanto coraggio.
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