Di Caterina Mortillaro
Toscolano Maderno è uno dei tanti paesini della sponda bresciana del Lago di Garda. Qui c’è il piccolo Museo della carta, che offre uno spunto di riflessione sulla sostenibilità dei processi produttivi di questo materiale così diffuso.
Un museo tra i boschi
Incastonato in una forra boscosa, il Museo della carta si può raggiungere a piedi dal paese, ma è più comodo parcheggiare più su, dove non ci sono parchimetri o limiti orari. Non fatevi spaventare dai cartelli e tanto meno dalla strada sterrata con alcuni gallerie scavate nella roccia viva. Da qui, a duecento metri, potete raggiungere l’edificio che ospita il museo e un grazioso bar affacciato sul torrente.
Dopo o prima della visita potrete anche fare una bella passeggiata al fresco, sebbene sia possibile spingersi solo fino a un certo punto per questioni di sicurezza.
In teoria, per la visita guidata, dovreste prenotare, ma non c’è un grande affollamento. Gli orari sono sul sito. Tuttavia non vi consiglio la visita guidata. Il museo è piccolo e la guida vi dice ben poco, mentre i cartelli nelle varie sale sono più esaustivi. Forse, l’unico vantaggio sono un paio di dimostrazioni pratiche. Oltretutto, la guida vi seguirà solo nella prima metà della visita.
La storia della carta
La carta è stata inventata in Cina. Scavi archeologici dimostrano che era già in uso nel I secolo a.C. Per molto tempo l’arte della fabbricazione della carta fu gelosamente conservata, ma nel 610 fu introdotta in Giappone e intorno al 750 nell’Asia centrale. Da qui giunse poi in Egitto nel IX secolo.
Grazie a un vero e proprio spionaggio industriale, il suo segreto arrivò in Occidente attraverso Damasco nel XII secolo. La prima cartiera in territorio italiano risale alla fine del XII secolo, ad opera di Polese da Fabriano. Poi si diffuse in tutta Europa.
Dagli stracci alla carta
In che modo veniva fabbricata? Siamo abituati a pensare alla carta come a un prodotto della cellulosa contenuta negli alberi. Dal XIV al XVIII secolo, però, si usavano gli stracci di cotone, lino o lana. In un primo momento, venivano suddivisi per tipologia, poi frantumati manualmente con una sorta di falcetto e messi a macerare in vasche con acqua e calce viva. La calce aveva la doppia funzione di sbiancare e disinfettare.
Dopo la macerazione gli stracci erano posti in vasche dette pile. Qui un sistema, azionato da un mulino, si avvaleva di pesanti magli a testa dentata che riducevano le fibre in poltiglia. La pasta, così ottenuta, era messa a decantare in un locale attiguo.
Una volta che la pasta, allungata con acqua, si trovava nella tina di legno, il mastro cartaio vi immergeva una forma rettangolare costituita da un telaio in legno con un fitta rete metallica. Su questa rete era letteralmente ricamata la filigrana con il simbolo o le iniziali della cartiera. Il mastro cartaio faceva depositare in modo uniforme la pasta sulla maglia e poi, con delicatezza e maestria, il ponitore la staccava e la metteva tra due fogli di feltro.
La torchiatura eliminava il liquido in eccesso. Poi i fogli erano stesi ad asciugare come panni in una stanza ventilata. Quindi si procedeva all’immersione degli stessi nella colla animale, ottenuta con scarti messi a bollire in una caldara. Il procedimento serviva per ridurne la porosità. In caso contrario l’inchiostro si sarebbe sparso su tutto il foglio sbavando. Alla fine erano lisciati manualmente, in genere da bambini, o con un maglio a testa piatta.
La cosa interessante è che la carta prodotta con la stoffa era più sottile e raffinata di quella di cellulosa che ci ha mostrato la guida. Lo dimostrano le lettere e altri incartamenti antichi conservati in una vetrinetta.
Innovazioni nella produzione della carta
L’introduzione nel XVIII secolo di macchine come il cilindro olandese permise di eliminare un passaggio: la macerazione con la calce viva, e di avere un sistema più efficiente per sminuzzare le fibre. Fu inoltre inventata la cosiddetta macchina continua, brevettata da Louis Robert nel 1799 per creare fogli lunghissimi. Creare un unico foglio molto lungo che poteva essere tagliato delle dimensioni preferite era una grande novità, rispetto alla realizzazione dei fogli uno per uno.
Seguono due sale dedicate ai Paganini, proprietari della cartiera di Toscolano Maderno e al contesto storico-geografico. Si deve proprio ai Paganini la creazione dei primi libri tascabili, capaci di stare in una sola mano, eppure corredati da bellissime illustrazioni. Realizzarono persino una copia del Corano in arabo, un’impresa molto audace per i tempi.
Non stupirà scoprire che un Paganini era sposato con la figlia di un Rusconi, stampatore.
La cellulosa di legno e l’ambiente
La parte moderna del museo mostra un macchinario di oggi, molto simile alla macchina continua. Certamente è più efficiente e veloce e la carta è più uniforme, anche se di certo meno pregiata.
Oggi ormai la carta è realizzata con la cellulosa de legno, anche se ne esistono di costose fatte con il cotone, soprattutto per uso artistico.
Stando a un pannello esplicativo, l’uso della cellulosa di legno non deve preoccupare gli ambientalisti. Paradossalmente la necessità di avere legno per le cartiere porta alla cura di ampi boschi che sono continuamente piantati e curati perché non vengano mai a mancare gli alberi. Inoltre, il riciclo della carta è molto semplice e produttivo.
Purtroppo i cartelli esplicativi non si addentrano nella questione dei metodi di sbiancatura e degli additivi usati per trasformare la carta vecchia in fogli nuovi. Ciò nonostante, resta il fatto che la raccolta differenziata è doverosa e riduce gli sprechi.
Inoltre, viene da chiedersi se non sia il caso di rispolverare gli antichi saperi per realizzare la carta con altri rifiuti, come, per l’appunto la stoffa o altre fibre.
Per info: https://www.valledellecartiere.it/it/